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Le voci di Antiochia

Oltre due anni dopo l’assassinio di mons. Padovese, Mariagrazia Zambon, per anni missionaria ad Antiochia, racconta un piccolo esempio di convivenza interreligiosa

 

La figura di monsignor Luigi Padovese, il vicario apostolico dell’Anatolia ucciso dal suo autista a Iskenderun il 3 giugno 2010, è stata ricordata con diverse iniziative sia in Italia che in Turchia, mentre si aspetta ancora di capire il movente di questo gesto. E c’è anche un’altra ferita aperta per i cattolici dell’Anatolia: a due anni di distanza non è stato ancora nominato un nuovo vicario apostolico. Eppure le comunità cristiane dell’Hatay cercano di tenere viva la speranza e la testimonianza del Dio Amore di Gesù Cristo.

Sì, proprio lì, nella storica e biblica Antiochia, c’è chi continua a lavorare per il bene e per la pace, offrendo solidarietà verso tutti, soprattutto verso i tanti profughi provenienti dalla confinante Siria, dove si versa ancora sangue. Ne è un esempio il «Coro delle civiltà».

Pensato e voluto dall’allora prefetto della città antiochena, il coro è composto da sunniti, aleviti, ebrei, cristiani ortodossi, cattolici e armeni, che dal 2007 cantano una convivenza possibile. Come i tanti tasselli dei bellissimi mosaici di cui va fiera la città, insieme fanno sentire la loro voce polifonica in lingue diverse. Sei gruppi di quindici cantori ciascuno, affiancati da musicisti che suonano i tipici strumenti turchi, quali il saz, l’ud, il darbukah, ma anche la cetra, il violino, l’organo e la chitarra.

Ogni gruppo propone, sotto la sovraintendenza di una direttrice d’orchestra turca, brani rispecchianti il proprio credo e la propria tradizione, in arabo, ebraico, armeno, latino e turco. Tante voci che cantano insieme, in rispetto e armonia. E cantando, come diceva sant’Agostino, pregano due volte - in un unico coro - quell’unico Dio in cui tutti credono.

Così da cinque anni, musulmani, ebrei e cristiani - gente comune, impiegati, commercianti, insegnanti, studenti, imam, sacerdoti e suore, giovani e anziani - provano a fianco a fianco, si sostengono a vicenda, si incoraggiano negli errori, ricevendo da tutti applausi e incoraggiamenti. Hanno eseguito ormai più di 80 concerti in Turchia, Europa (hanno cantato anche davanti al Parlamento europeo) e America.

Sono nate belle amicizie, fatte anche di profondi momenti di condivisione, di scambi e di allegria. Voglia di pace, voglia di serenità e di dialogo: questo ancora una volta il messaggio che Antiochia lancia a tutto il mondo, in modo discreto ma tenace, come la musica e il canto sanno essere. Non fa baccano, non si impone per farsi sentire ma, ovunque è invitato, il coro risponde, parte e va. E con la sua voce e il suo esempio invita a continuare a sperare.

Non è un’utopia ma un segno reale e concreto di un’Antiochia, antica Regina dell’Oriente; una città che vuole essere profezia di pacifica convivenza in un mondo dove per paura, sospetto e odio del diverso ancora si combatte, si alzano muri, si uccide; città che ha persino osato candidarsi al Premio Nobel della Pace 2012.

Un lumicino che testimonia una pace possibile e che ogni giorno, nonostante tutto, con rinnovata forza, va avanti a cantare l’Amore.


Mariagrazia Zambon
Consacrata dell’Ordo virginum, inviata in missione ad Ankara
presso la comunità dei gesuiti dalla Diocesi di Milano

© FCSF - Popoli, 1 ottobre 2012