Le Paoline hanno pubblicato un’ottima edizione di inni di Efrem il Siro sulla natività e l’epifania. «Agar aveva visto una fonte d’acqua (cfr Gen 21,19: per i musulmani sarà il pozzo di Zem Zem alla Mecca) e da essa diede da bere al ribelle, quello che divenne un onagro nel deserto (cfr Gen 16,12: si tratta d’Ismaele). Al posto di una fonte d’acqua è in un battistero che sono stati battezzati i figli di Agar e sono divenuti miti e pacifici. Chi mai ha visto onagri che sono stati aggiogati e hanno lavorato (è il giogo soave di Gesù) miti, insieme ai buoi? La loro seminagione ha dato il centuplo alla mietitura!» (Epif. VIII, 14). Sant’Efrem è del quarto secolo e quindi ha poco a che vedere con l’islam. Per lui i figli di Agar sono i nomadi del deserto. Alla sua epoca i monaci siriaci partono a evangelizzare i beduini e costituiscono monasteri nelle oasi come centri missionari. La leggenda racconta che quello di Mar Elian, nell’oasi di Qaryatayn sulla via per Palmira, fu fondato dove i buoi che tiravano il carro del sarcofago di sant’Eliano, maestro di Efrem, si fermarono inamovibili. Quel luogo, affidato alla comunità di Deir Mar Musa, è rimasto sacro ai cristiani arabi del deserto e ai beduini musulmani fino a oggi! Le espressioni del poeta-teologo mostrano che le popolazioni di lingua aramaica dell’Alta Mesopotamia vedevano negli arabi discendenti d’Ismaele dei ribelli che neppure i due imperi, persiano e romano d’Oriente, riuscivano a sottomettere. Gli arabi cristiani pre-islamici non avevano ancora a disposizione una lingua letteraria scritta e dunque dipendevano, per la Sacra Scrittura e per la liturgia, dalle lingue letterarie delle zone limitrofe al deserto: il greco a sud (attuale Siria meridionale e Giordania) e il siriaco in Siria, in Mesopotamia e in Persia. Alcuni regni arabi cristiani si formeranno sulla riva dei deserti creando cuscinetti strategici tra i nomadi indomabili e le regioni pacificate dei due imperi. Fino a oggi gli arabi cristiani del sud siriano e della Giordania sono in maggioranza di rito bizantino e quelli della Siria e della Mesopotamia appartengono ai riti siriaco, assiro e caldeo. Quando inizia l’avventura religiosa del Profeta dell’islam, nel VII secolo, la religione cristiana sta penetrando profondamente in Arabia. In Yemen c’è una comunità importante, che sarà la prima a stipulare con lo Stato musulmano nascente a Medina un accordo di pace e sottomissione. Poi la rapida vittoria islamica nel Medio Oriente porta la lingua araba a elevarsi a lingua di civiltà assorbendo e interpretando le ricchezze culturali delle civiltà precedenti. Un certo numero di cristiani arabi passano all’islam in modo più o meno forzato, ma molte Chiese restano vitali fino a oggi. Le comunità del Golfo e dello Yemen emigrano in altre zone dell’impero arabo e quindi si dissolvono. Nel frattempo molti cristiani di lingua siriaca si arabizzano in profondità in Siria e in Mesopotamia e così pure la liturgia è tradotta in arabo. La liturgia bizantina si arabizzerà in modo ancora più radicale. Curioso notare che anche gli abitanti di Maalula, che parlano aramaico fino a oggi, celebrano la liturgia bizantina in arabo! In alcune città, come ad Aleppo, perfino gli armeni arabizzeranno in gran parte la liturgia. In Egitto, la liturgia dei copti è in gran parte in arabo. Le Chiese di fondazione apostolica dei patriarcati di Alessandria, Antiochia e Gerusalemme formeranno, nella loro magnifica varietà di riti e tradizioni orientali, la cristianità araba del mondo musulmano partecipando in pieno a crearne la civiltà. È noto che le Chiese dei riti orientali sono oggi divise in due tronconi, quello delle diverse ortodossie e quello cattolico (assiri-nestoriani e caldei cattolici, siri-antiocheni, armeni e copti monofisiti o cattolici, siro-maroniti unicamente cattolici, bizantini ortodossi e melchiti cattolici). La Chiesa latina penetra qui al tempo dei crociati e poi, per gradi, a partire dagli ultimi secoli dell’era ottomana e durante l’epoca coloniale, rimanendo minoritaria e sicuramente debole sul piano ecclesiologico, poiché estranea al fondamento culturale cristiano locale, anche quando, dopo il Concilio Vaticano II, passa alla liturgia in arabo. Si tratta spesso, specie in Palestina e in Giordania, di cristiani provenienti dall’ortodossia bizantina. Oggi il diritto canonico chiede a coloro che scelgono di diventare cattolici, di rimanere nel loro rito orientale. Ma il guaio è già fatto, provocato da una pretesa superiorità e preminenza dei latini, che si credono a torto più universali! I missionari occidentali (compresi, a volte, i gesuiti) hanno operato per rendere i cristiani dell’Oriente stranieri a loro stessi, preparandoli all’emigrazione.
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