Certo l’aringa non ha mai goduto di buona fama. Evoca penuria, quaresime lunghe come anni, pranzi dei poveri che, con l’aroma intenso dell’affumicatura, cercavano di nobilitare le fette di polenta di cui dovevano saziarsi. E invece l’aringa (Clupea harengus della famiglia dei Clupeidae) ha fatto la fortuna dei Paesi nordici, trasformando piccole città come Copenaghen (Danimarca) o Bergen (Norvegia) in empori dai quali passavano le merci pregiate d’Europa. Tanto apprezzata da essere spesso riportata sui blasoni delle famiglie, evidentemente grate per la ricchezza che procurava loro. Chiamata senza esitazione «l’argento del mare», l’aringa, insieme al merluzzo e al salmone, costituì per secoli in Norvegia l’unica possibilità di sopravvivenza dei poveri e la base del commercio dei ricchi. Al contrario della pesca al merluzzo che si realizza ancora oggi soprattutto dal fiordo di Trondheim fino alle isole Lofoten (Norvegia), dove i merluzzi si radunano spontaneamente da gennaio ad aprile, rendendo molto agevole la loro cattura, i banchi di aringhe, diffuse nella parte meridionale della Norvegia, sono meno visibili e, soprattutto, si muovono solo in mare aperto. Si trovano però in quantità incredibili. Perciò, da dicembre a marzo, quando il gelo rende impossibile qualunque coltivazione, i contadini dei fiordi si trasformavano in carpentieri, pescatori al seguito dei banchi di aringhe, fabbricanti di botti per la conservazione, lavoranti per l’essicazione e la affumicatura, mentre le mogli si dedicavano alla salatura. Perché le aringhe richiedevano per essere conservate un ingrediente che la Norvegia non possiede: il sale. Per produrre tre tonnellate di aringhe salate occorreva non meno di una tonnellata di sale. E non poteva essere del sale qualunque: ci voleva sale che non avesse un gusto amaro, come quello di Saintonge, nella Francia mediterranea che, tra l’altro, non essendo soggetto a tasse, offriva un prezzo favorevole. A Bergen i borghesi misero a frutto i loro capitali divenendo armatori e commercianti. Piccole navi attrezzate partivano da Lubecca e dalle città anseatiche (Germania) in viaggi avventurosi che duravano settimane, esposte alle correnti, al maltempo e ai pirati e portavano nella ricca Bergen, assieme al sale, anche tutto quanto di meglio l’Europa mediterranea poteva offrire: vino, spezie, tabacco. Altro che cibo dei poveri!
La ricetta IL LATTE SPOSA LE ARINGHE Prendete un’aringa affumicata, spelatela, togliete la spina centrale e le lische. Tagliatela a filetti e mettete i filetti in un piatto di vetro o di ceramica e copriteli interamente di latte. Lasciateli in frigorifero al coperto per almeno 24 ore. Toglieteli poi dal frigorifero, eliminate il latte in eccesso e collocate i filetti in un piatto di portata, sminuzzandoli con una forchetta. Aggiungete olio di oliva (niente sale perché l’aringa è già salata) e, eventualmente, semi di finocchio. Servite come antipasto con crostini di pane. |