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Sapori&Saperi
Anna Casella
Antropologa
Baschi, l’identità passa dalla cucina
Sarà vero che l’essere baschi si misura con l’amore per il cibo? E che il popolo basco, non rassegnandosi all’incertezza intorno alle sue origini e alla lingua, ha cercato in cucina la propria identità? Op­­pure questa rivendicazione di autonomia è la versione culinaria del nazionalismo storico?
Una cucina che parla euskera e non castigliano deve costruirsi sulla differenza. Però, se i baschi possono enumerare le molte versioni del loro baccalà (il baccalà zurrukutuna, alla bilbaína, alla vizcaína, alla kashera, ecc.) questo lo fanno anche i vicini portoghesi. Ci sono le angulas, gli avannotti di anguilla, un piacere proibito (la pesca del novellame è vietata quasi ovunque), ma i baschi lo condividono ormai con gli spagnoli. Al contrario, mentre i baschi francesi si fanno rappresentare dalla piperade, con peperoni, uova e pomodori, quelli spagnoli si sperimentano soprattutto con i pesci, dei quali offrono le versioni più inconsuete, come le guance di merluzzo fritte e ricoperte di salsa al peperoncino: le kokotxas alla donostiarra.
È Donostia, appunto, cioè San Sebastián, capitale della Guipúzcoa, il cuore della identità basca in cucina. Esistono, si dice, a Donostia più ristoranti eccellenti che in tutte le altre città francesi o spagnole. Ma soprattutto, esistono centinaia di società gastronomiche, le txokos.
Per Luis Irizar, fondatore nel 1992 della scuola di cucina basca, sono una questione di identità: di genere questa volta. Espressione del tempo in cui agli uomini toccava uscire dalle proprie case, dominate dalle donne, per trovare un luogo dove poter giocare a carte, cantare, parlare di politica e far da mangiare (J. Berg, F. Parasecoli, Questione di gusti. Un insolito percorso tra i sapori del mondo, Gambero Rosso 2006). Una competizione tra uomini e donne, dunque: queste, dice Martin Berasategui (nella foto a p. 72), cuoco a tredici anni, cucinavano con dolcezza; quelli, pescatori e montanari, avevano imparato sulle barche a combinare insieme nelle marmitte di coccio, il pesce e le verdure, come nel marmitako.
Poi arrivò il nazionalismo. Quando due cuochi donostiarras, confrontandosi con i colleghi francesi scoprirono che la cucina basca, con la sua attenzione ai prodotti della terra, il senso preciso e profondo della verità degli ingredienti, la complessa stratificazione dei sapori, altro non era se non una nouvelle cuisine ancora inconsapevole. Cominciò allora la «nueva cocina vasca», costruita sul sapere tradizionale del cibo e sulla convivialità.
Anthony Bourdain (A cook’s tour: in search of the perfect meal, Bloomsbury, London, 2001, p. 65), entusiasta, può allora dire che il nazionalismo basco è fatto di cuochi orgogliosi e di una moltitudine di cose buone da mangiare. Identità in salsa basca.


La ricetta
PATATE ALLA GUIPUZCOANA
Pelare un chilo di patate e tagliarle a rondelle. In una pentola di terracotta mettere dell’olio e far soffriggere tre bei porri pelati e affettati.
Aggiungere una cucchiaiata di farina, rimestando bene, finché i porri prendono colore.
Buttare le patate, sale e acqua fino a coprire il tutto e far bollire lentamente prestando attenzione perché non si attacchino sul fondo. Eventualmente spolverare con pepe. Volendo si può mettere nel forno a gratinare per qualche minuto. Servire nel recipiente di cottura.



© FCSF – Popoli, 1 marzo 2013