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Scusate il disagio
Giacomo Poretti
del trio Aldo, Giovanni e Giacomo
Dittature relative
Dopo la fine delle grandi narrazioni novecentesche, il tracollo delle ideologie, lo sbriciolarsi dei muri, è diventato difficilissimo possedere una certezza. Non si sa più se Dio esiste oppure no, se il caffè provoca l’ipertensione, se ci si impiega di meno, per andare da Milano a Roma, usando l’aereo o il freccia rossa.

Ci sono giorni in cui ci si accontenterebbe anche di una vaga idea, in cui si pagherebbe pur di avere almeno un’opinione (e voi sapete bene che l’opinione sta alla certezza come la gazzosa sta al Brunello di Montalcino). Invece niente.
Dobbiamo rassegnarci, l’Occidente dovrà imparare a vivere senza il ratto muschiato della Martinica (estinto nel 1901), senza il trifoglio cangiante delle valli Orobiche (avvistato l’ultima volta nel 1927) e soprattutto senza certezze. Vi sembra impossibile che l’uomo occidentale, con tutti i progressi che ha costruito, non riesca a estrapolare dal cervello un concetto che duri più di due ore e quaranta senza essere confutato e invalidato? Cercherò di dimostrarvi che il nostro cervello, a volte, è meno efficiente di uno scaldabagno pieno di calcare.

Uno degli argomenti più indicati per misurare il grado di certezze smarrite è Gheddafi. Provate a pensare allo sforzo che la materia grigia di politici e diplomatici italiani ha dovuto sopportare in questi decenni: negli anni 70-80 il rais di Tripoli era considerato un pericolosissimo terrorista, ma nel contempo gli si vendevano quote consistenti di azioni di nostre aziende automobilistiche che erano lì lì per fallire, e quindi doveva esser diventato una brava persona; talmente brava che, visto il suo invidiabile conto corrente, si è pensato di fargli comperare anche qualche pezzo di banca nostrana. Insomma, un salvatore della patria.

Già a questo punto un cervello normale sarebbe in sofferenza, ma non quello dei diplomatici e dei politici italiani. E il peggio doveva ancora arrivare. Negli ultimi anni il rais è diventato un amico dell’Italia al punto tale che ha potuto campeggiare in pieno centro a Roma, ha invitato il nostro premier a dormire nella tenda in un sacco a pelo, lui ha declinato l’offerta dicendo che si trova meglio in un letto matrimoniale.

Poi, anche in Libia, sono arrivate le rivolte popolari. La necessità di esprimere un giudizio politico e di formulare una linea di condotta sta mettendo a durissima prova le meningi del nostro dipartimento estero: manifestazioni «contrarie al regime», dichiarano i diplomatici italiani verso le 9 del mattino, verso le 16.30 correggono il testo in manifestazioni «a favore della sua politica»; i giorni pari della settimana è considerato un sanguinario dittatore, i giorni dispari un interlocutore privilegiato, il sabato un amico che sbaglia, la prima domenica del mese un povero pirla, la terza domenica uno che si veste malissimo. Nelle ore fresche del mattino viene invitato dalla nostra diplomazia a lasciare il Paese e a riconsegnarlo alle forze fresche della democrazia, invece all’approssimarsi dell’happy hour si invitano le democrazie occidentali a sostenere l’alleato di sempre contro ribelli sanguinari e terroristi.

Insomma, non è facile avere una certezza al giorno d’oggi. Così, quando leggerete l’articolo, se anche voi non saprete come giudicare Gheddafi, accendete la tv, e se i ribelli assediano il palazzo del rais sarà un dittatore, se invece i ribelli sono in fuga, aspettatevi che l’amico di Tripoli venga in campeggio a Pinarella di Cervia.

© FCSF – Popoli, 24 marzo 2011