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Cinema e Popoli
Luca Barnabé
Critico cinematografico
Donne senza uomini

Donne coperte dal velo, fino a diventare ombre nere come nel capolavoro a fumetti (e cartoon) Persepolis di Marjane Satrapi. Donne schiacciate dal maschilismo più retrivo della Persia, fino a desiderare la propria morte: «Pensai che l’unico modo per liberarsi del dolore fosse liberarsi del mondo». Donne dal corpo rinsecchito dal male, scarnificato dalla sofferenza, umiliato dall’ingiustizia. Paiono martiri o fantasmi, alcune di loro lo sono in senso letterale. Si ritrovano in un giardino di pace e bellezza dai colori più saturi, forse completamente irreale, simbolo di quello che non esiste ancora, nemmeno nell’Iran di oggi. Le labbra tornano rosse, i capelli liberi, gli sguardi rivivono ancora.
L’artista esule Shirin Neshat, dopo fotografie epocali e rivoluzionarie come la serie Donne di Allah (corpi femminili coperti, come incisi, da calligrafie persiane), realizza un film duro e onirico sulle donne iraniane, ambientato durante il colpo di Stato del 1953 contro il primo ministro eletto Mosaddeq, e tratto dal romanzo omonimo della scrittrice Shahrnush Parsipur (ed. Tranchida).
Neshat inquadra quattro volti e corpi di donne, mentre il regime militare appoggiato dalla Cia resta sullo sfondo. Quattro identità femminili si intrecciano tra vita e morte, realtà e superstizione, Storia e mito, in un giardino fuori dal mondo che piacerebbe al poeta Tonino Guerra. Donne sensibili, più che «senza», «nonostante» gli uomini. Neshat lavora con il simbolico (a volte, forse, eccedendo). Ha una forza non comune nell’inquadrare il silenzio, il buio e il vuoto. Il suo Donne senza uomini, Leone d’argento all’ultima Mostra di Venezia, andando oltre il valore narrativo, è testimonianza visiva forte e destabilizzante di un dolore senza fine. Ogni inquadratura è traccia di un «è ancora» che brucia nella coscienza dello spettatore.
La dedica finale è rivolta o estesa alle donne di oggi del movimento verde. Mentre scriviamo il regista Jafar Panahi (l’autore di Il palloncino bianco e Il cerchio) è stato arrestato insieme alla moglie e alla figlia, perché stava girando un documentario sui movimenti contro l’attuale regime. Vedere Donne senza uomini (in sala dal 12 marzo) è anche un modo per continuare a fare vivere le voci migliori dell’Iran di oggi impegnato in una difficile ricerca di libertà. 

 

 

© FCSF – Popoli, 1 aprile 2010