Ci vuole solo una spada, il fuoco e il tempo infinito della pampa. L’
asado argentino, al pari del
churrasco brasiliano, altro non è che carne (ottima carne) salata e cotta per ore. Non sarebbe neppure il caso di scomodare l’arte culinaria perché qui non ci sono artifizi, se non quello di infilare la carne in uno spiedo verticale, collocato a fianco della brace in modo da garantire una cottura lenta, uniforme e soprattutto (almeno così dicono gli argentini) priva di grassi nocivi. Non ci sono donne, ma solo l’
asador che, di volta in volta, girerà lo spiedo e, con una spada affilata, taglierà a fette sottili le parti già cotte per servirle. La conoscenza che è richiesta è l’abilità nel riconoscere il taglio di carne e nell’alimentare il fuoco.
L’
asado non è cucina domestica, ma dell’aria aperta. È parente prossimo del cuero, il modo arcaico di cuocere l’intera mucca avvolta nella propria pelle e sepolta in una fossa con la brace. È la cucina del
gaucho, l’abitante della pampa, l’uomo libero, individualista coraggioso. Fascino della vita autentica, essenzialità pura... o barbarie? Domingo Faustino Sarmiento, letterato, educatore e presidente della Repubblica argentina dal 1868 al 1874, non cede al mito del
gaucho: lo pensa piuttosto come la metafora dell’anticiviltà, dell’involuzione che si verifica nelle sterminate pianure del Paese, dove affoga e si perde lo stile europeo delle città. E scrive: «Il male che tormenta la Repubblica argentina è l’estensione; il deserto la circonda da tutte le parti e le si insinua nelle viscere, la solitudine, la desolazione senza un’abitazione umana». Solo il
gaucho sa vivere nel nulla estremo delle praterie argentine dove «la civiltà è del tutto irrealizzabile e la barbarie normale», ma per questo si espone alla violenza: «il
gaucho sarà un malfattore o un caudillo secondo il corso che prenderanno le cose…» (
Facundo. O civilización y barbarie, 1845).
Invece, un altro poema fondamentale della letteratura argentina riabilita il
gaucho: il
Martín Fierro di José Hernández (1872). «Venía la carne con cuero, la sabrosa carbonada…», ricorda il gaucho leale e coraggioso, ridiventato poeta, che si rifugia a vivere con gli indios della frontiera, gli stessi contro i quali era stato mandato a combattere. In questa «bibbia gaucha», come è stata definita, l’abitante della pampa torna a essere l’immagine dell’identità argentina, della sua anima più tenace e della sua storia epica. E trova finalmente pace: ne
La vuelta de Martín Fierro, città e pampa, legge e guerra, cibo selvaggio e cibo domestico si incontrano.
Anna Casella PaltrinieriLa ricetta
Asado argentino con chimichurri
L’
asado si prepara con un taglio intero di carne di manzo allo spiedo su un fuoco di legna. La carne può essere
lomo (lombata),
bife de chorizo (bistecca),
bife ancho (sottofiletto) oppure
entrañas o achuras (interiora), chinchulín (intestino tenue) e tripa gorda (intestino crasso), chorizos (salsiccie) e morcilla (salsiccie di sangue).
A fine cottura la carne viene spalmata di
chimichurrí, una salsa con olio, aceto, aglio, cipolla, peperoni, origano, basilico e limone.