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Sapori&Saperi
Anna Casella
Antropologa
L’anima orientale del basilico
La cucina, a volere guardare, è attività pericolosa. Perché maneggia il fuoco, ma soprattutto perché vorrebbe rendere inoffensive e commestibili erbe che, di per sé, avrebbero altra vocazione. Erbe che paiono innocenti e che, invece, sono più a loro agio nel mortaio del mago piuttosto che nella casseruola della cuoca. Prendiamo, ad esempio, il basilico. Pianta reale, il cui nome verrebbe, appunto, da basileus (cioè re), sembra creata apposta, con il suo aroma di gelso­mi­no, liqui­ri­­zia, chio­di di garofano, per su­sci­tare l’appetito e profumare i piatti di tante tradizioni. Ma, al contrario del mondo asiatico nel quale è nato e nel quale è associato alle divinità, cui piace inebriarsi del suo profumo, o del voudou haitiano che lo pensa legato alla passione amorosa (I. Allende, Afrodita, Racconti, ricette e altri afrodisiaci, Feltrinelli, Milano 1997), nel Mediterraneo il basilico è sempre stata una pianta da maneggiare con cura. Il sospetto sulle sue qualità portò Plinio il Vecchio a dichiarare che poteva generare stati di torpore e di pazzia, Crisippo a ritenerlo dannoso per il fegato, Giovan Battista della Porta a sostenere che dalle foglie essiccate potessero addirittura nascere scorpioni. Il basilico, dunque, associato più all’arte magica che alla cucina, utilizzato, al massimo, per tenere lontani insetti, zanzare e cattivi odori. Si dovette attendere il genio dei genovesi per trasformarlo, insieme a pinoli e olio d’oliva, nel pesto, condimento  apprezzato in tutto il mondo.
I thailandesi conoscono un basilico (ocimum te­nui­florum), definito «sacro», dalle foglie piccole e con fiori viola. Lo chiamano horapa (nelle varietà bai, kaprow e maglak). Ne fanno un elemento fondamentale della cucina: ne apprez­zano la fragranza (del resto il termine ocimum significa «profumo») e per questo lo aggiungono a fine cottura.
Scrivendo nel 1923 delle città asiatiche, Somerset Maugham affermava che queste, nascondendo l’anima indigena dietro una facciata di modernità, erano un enigma per l’europeo. E aggiungeva: «ma, quando la vivi, hai la sensazione di aver perso qualcosa e non si può evitare di pensare che ha qualche segreto che essa ha osservato da te». Come il basilico, del quale gli asiatici hanno saputo cogliere il segreto e le qualità migliori.


La ricetta
POLLO AL BASILICO
Battere due spicchi di aglio e da uno a tre peperoncini finché avranno consistenza omogenea. Riscaldare due cucchiai di olio vegetale nel wok, a fuoco medio-alto, gettarvi il battuto mescolando e facendo cuocere per qualche minuto. Aggiungere 350 g. di pollo tagliato a listarelle (sufficiente per due persone) e far cuocere. Poi aggiungere mezza cipolla tagliata ad anelli, mezza tazza di fagiolini sminuzzati e continuare la cottura con acqua quanto basta. Insaporire con un cucchiaio di salsa di soia, un cucchiaio di salsa di soia dolce, due cucchiai di salsa di ostriche e spezie a piacere. Mettere alla fine il basilico e rimuovere dal fuoco. Servire con riso jasmine cotto a vapore.
© FCSF – Popoli, 25 gennaio 2013