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La sete di Ismaele
Paolo Dall'Oglio
Gesuita del monastero di Deir Mar Musa (Siria)
La Festa del Sacrificio
Quando, obbedendo al Signore, Abramo cede al volere di Sara e caccia il suo amato primogenito Ismaele con Agar sua madre, non la manda via a mani vuote, ma le dà pane e acqua.

Quando questa madre sofferente e abbandonata giunge in lacrime (accettiamo la versione coranica) alla Mecca, l’acqua è finita e il figlio agonizza. Allora Iddio dona l’acqua del pozzo di Zemzem come al popolo di Mosè nel deserto. E certamente, come al popolo nel deserto, non fece mancar loro il pane celeste…

Meditiamo sulla stazione dei pellegrini musulmani sul monte Arafat nel nono giorno del pellegrinaggio; giornata d’invocazione, di richiesta di perdono e d’intercessione; offerta di cuori contriti e devoti; sacrificio all’Unico, il Misericordioso, della propria volontà e desideri, ieri. Ma oggi la festa è segnata dal sacrificio cruento.

Dicci Abramo, Melchisedec, il Signore misterioso della Città della Pace, non t’aveva forse benedetto con l’offerta del pane e del vino? Perché, Santo Patriarca, non hai dato in eredità al figlio della serva egiziana, il vino dell’estasi, la coppa dell’amore, l’ebbrezza dell’unione divina?

I pellegrini bevono quell’acqua e le anime sono ristorate nella fede e confermate della verità dell’Islam. Innumerevoli le vittime nel sacrificio sincero, in ricordo dell’obbedienza eroica di Abramo, l’Amico di Dio.

Celebriamo l’Eucarestia domenicale in comunione con i pellegrini e in suffragio delle vittime della violenza fratricida. Misticamente mi trasferisco alla Kaaba, il tempio abramitico del deserto d’Arabia. Pane e vino, agnello sgozzato… La Kaaba è, per i musulmani, «una vergine»!

Per secoli, poeti e mistici dell’Islam hanno espresso la nostalgia di quel vino... Lo hanno cercato nei monasteri, alcove di quell’amore inestinguibile… ne hanno danzato l’ebbrezza e ne hanno pagato il prezzo con la vita. Questo struggente desiderio non è straniero alla Chiesa e non tradisce l’Islam. Condannato letteralmente nella rivelazione a Muhammad (S), è tuttavia nell’imitazione del Profeta che è agognato.

Nel Giardino degli eletti non si dice che vi siano bestie... men che meno maiali. Ma di vino ce n’è a fiumi!

Nella messa della festa musulmana del pellegrinaggio abramitico alla Mecca, vedo il Paradiso sgorgare «per molti» dal cuore ferito dell’Amante!

Un ultimo segno. Nel pellegrinaggio si passa a lapidare Satana (gli antichi idoli di pietra) con delle pietre chiamate jamarat, braci. Nella Scrittura si parla di quella brace che purifica la bocca dei profeti; e i Padri chiamarono brace il pane eucaristico intriso di quel vino… Vengono i fratelli, le sorelle, gli amici e gli ospiti a ricevere all’altare quelle braci infuocate... e l’ultimo nemico è sconfitto!

© FCSF – Popoli, 7 novembre 2011