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Sapori&Saperi
Anna Casella
Antropologa
La natura contadina della cucina lituana
C’è una Europa, ancora sconosciuta, che stupisce. Era l’11 marzo 1990 e la «rivoluzione cantante» seguita al crollo della Russia sovietica, portò in strada milioni di persone a Vilnius, Tallinn e Riga. Tenendosi per mano (la «via baltica») commemoravano anni nei quali erano stati «calpestati dall’elefante della storia» ed esprimevano la loro speranza nel futuro (P. U. Dini, L’anello baltico, Marietti, 1991).
La Lituania, qualche milione di persone, colline, fiumi, boschi, ha una storia tragica. Stretta tra il gigante tedesco e quello russo, ha visto passare sui suoi campi i soldati stranieri, ha accolto, nei secoli, intellettuali ed ebrei, è stata sottomessa e si è emancipata. Con il Granducato di Lituania, società multiculturale, multireligiosa e multilingue, quando si credevano discendenti dei romani, i lituani hanno cercato per secoli la loro indipendenza, opponendosi allo zar e ai dittatori russi.
Di cosa si nutre l’identità lituana riconquistata di recente? Soprattutto del riferimento al mondo arcaico, fatto di una lingua arcaica e di credenze religiose antichissime. Mondo nel quale le divinità femminili che presiedono alla agricoltura e alle nascite, compaiono nella notte per ricevere doni. L’archeologa Marija Gimbutas ne era così convinta da immaginare una grande dea e un mondo matriarcale precedente la rivoluzione dei popoli indoeuropei. Poi il cristianesimo trasformò gli spiriti dispettosi nascosti nei boschi nella figura del diavolo. Senza riuscire, però, a farlo diventare del tutto nefasto. Esiste a Kaunas, seconda città lituana, un museo del diavolo (Velniu Muziejus), realizzato dal pittore Antanas Zmuidzinavicius.
Qui i circa duemila diavoli hanno le sembianze dei dittatori, ma anche quelle di personaggi semplici che si riposano con gli uomini, giocano a carte e si fanno imbrogliare.
Il mondo agrario, di villaggio, si esprime in una cucina che non ha tradito i riferimenti alla terra: patate, barbabietole rosse e cavolo, mele, burro e poco altro costituiscono il canovaccio sul quale si sperimenta la massaia lituana. Che prepara insalate (misraine «insalata [cosiddetta] russa») e funghi (grybai) marinati, aringhe (silkes), carni e salumi affumicati (skilandis «ventresca»), i cepelinai, grandi gnocchi di patate grattate e riempiti di carne di maiale, oppure ricotta o funghi, la vedarai, involtini di budella ripieni di pasta di patate cotti al forno, il koseris ebraico, le frittelle (blynai) dolci e salate, i barsciai, zuppa di barbabietole rosse di cui gli saltibarsciai (zuppa fredda di bietole rosse e kefir) sono la versione estiva.
L’Europa guarda alla Lituania e si scopre più grande.


La ricetta
LA ZUPPA DI BIETOLE ROSSE
Mescolare 500 g. di siero di latte con 500 g. di acqua bollita raffreddata e 250 g. di panna da cucina. Aggiungere due barbabietole rosse cotte tagliate grossolanamente e due cetrioli tagliati a dadini.
Cuocere due uova, tritare finemente il bianco e aggiungerlo al composto. Mescolare i tuorli con sale e 150 g. di porri tritati. Versare il tutto nella zuppa e mescolare aggiungendo due cucchiai di succo di limone.
Versare nelle ciotole individuali, decorare con aneto e servire con panna acida e patate bollite.

© FCSF – Popoli, 1 maggio 2013