Sono passati circa trent’anni da quando molti terremotati dell’Irpinia trovarono nuove abitazioni fuori dei loro paesi disastrati proprio nel quartiere di Scampia. Un modello urbanistico progettato a tavolino, con una prospettiva da metropoli, ma senz’anima, soprattutto per chi era abituato a relazioni di paese, di buon vicinato, di botteghe, di artigianato, di orti e animali domestici, magari qualche coniglio e gli immancabili polli. Il pensiero va alle famiglie dell’Aquila e della valle dell’Aterno, dove la terra ha tremato per mesi. In alcune nazioni i terremoti creano uguale devastazione, ma in altre, dove c’è una legalità rispettata e previdente, non si parla di distruzione e di vittime. La nostra coscienza di napoletani, quella che esiste ancora, è scossa dallo scandalo di un sindaco, quello del capoluogo abruzzese, che pochi giorni prima del disastro aveva chiesto lo stato di emergenza, senza essere ascoltato. I responsabili della politica, in compenso, si sono fatti subito presenti in una passerella fastidiosa, per richiamare attenzione e per chiedere alla nazione una forma di intervento che ha sapore di elemosina, quando il denaro pubblico è stato sperperato dolosamente proprio per gli edifici che sono miseramente crollati, con vittime e dolore. E la sabbia era della nostra costa… Proprio da una terra come quella che produce camorra e illegalità può nascere un desiderio di resistenza e insieme di rinascita, ma le condizioni vanno poste, le regole vanno rispettate. Il problema non è solo la presenza dell’illegalità, ma anche il permanere di superficiali disposizioni legislative che lasciano vuoti di controllo e di previdenza. Eppure la speranza che maturino coscienze rinnovate, scosse dalla sofferenza, può ancora vincere. |