Home page
Webmagazine internazionale dei gesuiti
Cerca negli archivi
La rivista
 
 
 
Pubblicità
Iniziative
Siti amici
Idee
Cerca in Idee
 
Cinema e Popoli
Luca Barnabé
Critico cinematografico
Tutti per uno
Una scuola elementare multirazziale organizza una piccola rivoluzione per proteggere gli alunni immigrati irregolari sull’orlo dell’espulsione dalla Francia. I bambini vengono aiutati dalla madre di uno di loro (Valeria Bruni Tedeschi). Les mains en l’air, «le mani in alto» recita il titolo originale. Ormai anche i ragazzini divengono illegali se di razza, colore o provenienza differente.
La vita è illegale? Non sono fantascienza le impronte digitali prese ai bimbi rom nel nostro Paese. È invece fantascienza l’anno in cui Romain Goupil decide di cominciare e chiudere la sua storia: il 2067, un futuro migliore in cui l’integrazione razziale e la giustizia umana si saranno finalmente compiute.
Il titolo italiano non rende invece giustizia a un film che è, sì, una commedia piena di leggerezza, umorismo e grazia, sulla falsariga di Jean Vigo, ma anche un’opera profondamente amara, a tratti disturbante per il cupo realismo. Romain Goupil (allievo di Roman Polanski e Jean-Luc Godard) prende infatti spunto da vere storie di quotidiane espulsioni di «clandestini»: uomini, donne e perfino bambini cacciati dalla Francia perché sans papier, senza permesso di soggiorno. Per mettere in scena il suo racconto, sceglie un duplice tono antirealistico, la fantascienza surreale (il prologo e la fine in un futuro migliore) e la commedia (la maggior parte del film si concentra sui giochi, l’amicizia e gli amori dei bimbi).
Ma la vera fantascienza, paradossalmente, sono le scene realistiche sull’oggi, in cui i poliziotti, corazzati come RoboCop, attendono all’uscita delle scuole i bambini e i genitori sans papier. Il più efficace titolo francese del film Les mains en l’air, suggerisce allo stesso tempo la condizione d’illegalità e il gioco dei bambini, le mani idealmente puntate al cielo e al futuro migliore, quello del 2067, in cui del «presidentucolo francese che ci rendeva la vita così complicata» non si ricorda nemmeno più il nome. Come a dire: i nostri ottusi governanti contemporanei così imbevuti nella logica del privilegio, dell’espulsione e dell’esclusione dell’altro, non sono che un paradosso storico. Uomini incapaci di vedere il futuro e la naturale direzione della «barca-mondo». Per i bambini, almeno per certi bambini, la convivenza è qualcosa di naturale o che si può imparare in fretta, come le regole di un gioco.
Nel film di Goupil l’integrazione della classe multirazziale di bambini che strillano tutto il tempo si fa manifesto cinematograficamente poetico e potente. Mai didascalico, mai enfatico, nessuna lezione di vita, nemmeno dall’adulta eccentrica che li aiuta (Valeria Bruni Tedeschi, che nella realtà è sorella della première dame). I monelli di Goupil hanno a tratti la forza sovversiva e anarchica dei ragazzi di Truffaut e Vigo. La loro bellezza e la loro spontanea predisposizione alla «lotta umana» sono un afflato libertario e ribelle più intenso di tanto cinema d’autore e «adulto» contemporaneo. 

© FCSF – Popoli, 1 agosto 2011