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Missione Scampia
Fabrizio Valletti
Gesuita della comunità di Scampia (Na)
Una nuova scuola
Se quest’anno le statistiche evidenziano un’alta percentuale di respinti nella scuola come fatto eccezionale, dopo anni di presunta tolleranza, nel nostro quartiere queste bocciature sono brucianti. Non può sfuggire che molti casi di insuccesso sono attribuiti a comportamenti valutati come scorretti, più che a problemi di rendimento nello studio. Di fatto assistiamo a una progressiva e inarrestabile emorragia scolastica, che produce quindicenni senza il titolo di scuola media o adolescenti che abbandonano durante il primo anno delle superiori.
A Scampia (e non solo qui, ovviamente) la mancanza di un tessuto culturale predispone i singoli e le famiglie a una specie di deserto di motivazioni e di stimoli e a una passività che significa soprattutto vuoto interiore e attrazione verso le sollecitazioni provenienti dalla pubblicità, dal consumismo. Ritorna il tante volte deprecato modello delle veline e dei prodigiosi calciatori, che occupano anche la fantasia di tanta politica... La televisione, sempre accesa in più stanze delle case, su programmi insulsi e spesso violenti, si presenta come il maestro più «efficace» nel fornire ai più giovani immagini, modelli e linguaggi che risultano anche familiari per chi ha parenti in carcere o appartenenti al mondo della camorra. I percorsi della ricerca e del gusto del sapere sono offuscati.
È difficile modificare l’immaginario simbolico che occupa il mondo interiore di tanti nostri ragazzi, che hanno scarse capacità di cogliere la complessità delle vicende umane. È sempre più urgente un approccio educativo nuovo che, insieme agli obiettivi di stretta competenza scolastica, investa il problema culturale della società nel suo insieme. Ad esempio, gli ideali della sobrietà e della solidarietà, dell’etica sociale, delle relazioni pacifiche e della tolleranza, sono obiettivi che per essere proposti ai giovani vanno prima sperimentati dalla società degli adulti e poi mediati da opportunità formative che siano gioiosa occasione di convivenza civile.
Episodi di buone pratiche educative, come quelle che si sforzano di far vivere alcuni coraggiosi educatori ai nostri ragazzi alla fine della scuola, fanno sperare che sia possibile applicare metodologie nuove e diverse. Visite a luoghi di arte e di archeologia, immersione ragionata nella natura, incontro con luoghi di sofferenza e di servizio sociale, sono esempi che fanno dimenticare la staticità dei banchi di scuola o di una catechesi parrocchiale che riproduce le aule scolastiche. Allora emerge dal cuore dei ragazzi la sorpresa, la fantasia, la voglia di amare e di condividere.

© FCSF – Popoli, agosto-settembre 2009