Nulla, in cucina, è come appare. Il baccello di vaniglia, scuro e aromatico, ad esempio, richiama isole esotiche dove tutto è naturale. Ma non è così: esso è, invece, il prodotto di una lunga manipolazione inventata dall’uomo. Per gli antichi totonachi del Messico, il fiore dello xanat che nasceva selvaggio nella foresta veniva dagli dei e a loro doveva essere offerto, prima di utilizzarlo per aromatizzare le bevande. Perché la vaniglia (vanilla planifolia orchid) è un frutto difficile. La sua pianta, una delle innumerevoli specie di orchidee, parassita dei grandi alberi, non è piacevole da avvicinare poiché gambo e foglie secernono un succo irritante. Non è neppure prodiga di fiori: i primi compaiono dopo quattro o cinque anni, vivono qualche ora e sono sterili, a meno che non vengano impollinati dall’ape melipona con la quale vivono in simbiosi. Il frutto (o guaina, da cui deriva il nome), infine, è del tutto inodore. Affinché sprigioni la sua fragranza, che qualcuno ritiene addirittura afrodisiaca e tossica, occorre che venga sottoposto a una lenta e controllata disidratazione. Si comincia mettendo i baccelli in acqua calda per interromperne la maturazione, poi si avvolgono in coperte di lana o cotone perché mantengano il calore e divengano color marrone, infine si espongono al sole e all’ombra per giorni, operazione che i messicani chiamano sudores alternados. Tradizione messicana, dunque, ma non furono loro ad avviare il commercio della spezia tra le più care al mondo. Fu Edmond, nato schiavo in una piantagione nell’isola francese di Bourbon (oggi Réunion) il quale, ancora adolescente, scoprì che si poteva ovviare all’assenza dell’ape impollinatrice liberando, con l’aiuto di un oggetto appuntito, gli elementi maschili dell’orchidea per metterli in contatto con quelli femminili. Questo metodo di impollinazione manuale fece dell’isola il primo centro di produzione di vaniglia di tutta la terra. Così Edmond ottenne il patronimico «Albius» per ricordare il colore bianco del fiore. Non gli portò fortuna perché morì in povertà sulla sua isola. Da quel 1841, però, la vaniglia bourbon si diffuse nel mondo e in particolare in Madagascar, Indonesia, Uganda e nello Stato indiano del Kerala. Un commercio importante e lucrativo perché la vaniglia è una spezia versatile e si presta ad aromatizzare tutti i cibi: dal pollo al gelato, dall’aragosta al tè. Grazie non tanto alla natura ma alla creatività dell’uomo.
La ricetta CREMA ALLA VANIGLIA CON CARAMELLO Tagliare per la lunghezza tre baccelli di vaniglia e togliere i semi depositandoli in una insalatiera insieme a sette gialli d’uovo. Aggiungere 150 g. di zucchero semolato e mescolare con l’aiuto di una forchetta finché il composto risulti amalgamato. Versare un quarto di litro di latte e tre quarti di panna. Montare bene il tutto, eventualmente schiumando in superficie. Riempire un recipiente e mettere nel forno preriscaldato a temperatura moderata finché la crema non risulterà più densa (occorrono circa 25 minuti). Togliere dal forno e lasciar raffreddare in frigorifero. Far caramellare qualche cucchiaio di zucchero di canna, cospargere la superficie della crema e mettere qualche istante sotto il grill del forno. Rimettere dieci minuti in frigorifero prima di servire.
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