Varie parti d’Italia sono in fermento di fronte all’annunciato arrivo di profughi nordafricani. Con un ventaglio di reazioni che vanno da un’accoglienza partecipe a un rifiuto netto, che in alcuni casi ha portato a episodi di violenza. Riportiamo di seguito la testimonianza di una lettrice di Popoli
rispetto a quanto avvenuto in provincia di Pisa.Livorno è stata scelta come una delle mete per una parte di quelli che vengono chiamati talvolta clandestini, talvolta profughi, talvolta tunisini, spesso perdendo di vista un dato fondamentale: sono semplicemente uomini.
Mercoledì 6 aprile, al mattino, dopo quattro giorni di viaggio in mare, sono sbarcate un centinaio di persone, che sono state poi suddivise tra i centri di accoglienza previsti. Inizialmente questi rifugiati dovevano essere ospitati in un'area periferica di Pisa chiamata Coltano, in una ex-base americana utilizzata come campo di concentramento per i prigionieri fascisti, oggi abbandonata.
Non appena è stata data questa notizia, si sono mobilitate moltissime persone: dagli abitanti della zona, che si opponevano perché «abbiamo già i Rom, anche gli immigrati no!», ad alcune associazioni che si sono fermamente opposte alla scelta di ospitare delle persone in un lager, luogo evidentemente inadatto a un simile scopo.
Quindi la Provincia di Pisa ha cambiato idea e deciso di accogliere i migranti in un vecchio ospedale inutilizzato, a Tirrenia, dotato di camere, bagni, giardino e cancelli. Sarebbe stata una buona sistemazione, ma la popolazione di Tirrenia si è sollevata in uno «spontaneo» movimento anti-migranti, sfociato domenica in una manifestazione dai toni molto accesi e culminata nella notte in atti di vandalismo che hanno reso la struttura inaccessibile.
Domenica pomeriggio all'ingresso del vecchio ospedale era stata appesa la scritta «Welcome» (Benvenuti) dalle associazioni di Pisa. Il desiderio era essere presenti nel momento dell'arrivo di queste persone, solo per offrire un sorriso, senza la pretesa di fare niente di particolare: volevamo solo dire a questi nuovi arrivati, che erano i benvenuti, qualunque fosse il motivo che li aveva portati fino a Tirrenia. Sono passata lunedì sera davanti all'ospedale e della scritta non era rimasto niente.
Ho invece assistito a una scena irreale: un gruppo di persone stazionava davanti al cancello, età media tra i 30 e i 40 anni, ma accompagnati anche da bambini, con tanta emozione perché finalmente i Tirrenesi potevano fare sentire la loro voce nel programma televisivo Matrix e urlare il loro sdegno davanti a una telecamera. Avevano anche preparato una serie di striscioni con scritte come: «L'Italia agli Italiani», «Diventeremo come Lampedusa?», «Scuola e asilo a 150m, più vicini no?», ecc.
Alla fine ce l'hanno fatta, hanno vinto loro. I migranti non possono stare nella struttura danneggiata, e forse meglio così per loro, in un contesto del genere non sarebbero stati al sicuro. Ora invece sono «tranquilli», in due case isolate da qualsiasi posto abitato (una è la tenuta del Parco di San Rossore e l’altra una ex-casa colonica a San Piero a Grado).
Il razzismo di queste persone forse non è altro che l'espressione esplicita di quello che tanti, troppi, di noi ormai pensano, non solo a Tirrenia. Penso che l'ignoranza e la xenofobia di cui si è testimoni guardando
questo video qualche cosa che ti fa un po' morire dentro.
Aggiungo un'ultima cosa: questi profughi sono circa 70 ragazzi, la cui età media sarà 27 anni; giovedì hanno lanciato un segnale, inconsapevole: hanno preso rastrelli e sacchi e hanno ripulito il campo davanti a uno dei due centri di accoglienza recintati per poterci giocare a pallone.
Benedetta