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Il Marocco vota la riforma costituzionale
30 giugno 2011
Dal 1° al 3 luglio i marocchini sono chiamati a esprimersi mediante un referendum sul progetto di riforma costituzionale presentato venerdì 17 giugno da re Mohammed VI. Se gli elettori si esprimeranno a maggioranza a favore della riforma, il re rinuncerebbe ad alcune sue prerogative a favore del governo e del parlamento. Diventerebbe una figura a metà strada tra i sovrani costituzionali europei (ad esempio, Elisabetta II d’Inghilterra e Juan Carlos di Spagna) e i monarchi assoluti. La riforma infatti prevede: maggiore pluralismo partitico (sia quelli attualmente legali sia quelli che negli anni scorsi sono stati messi al bando); ridimensionamento del ruolo del monarca che diventa rappresentante dello Stato (ma mantiene il controllo sulle forze di sicurezza e sulle forze armate); avvio di riforme sostanziali a cominciare dal potere esecutivo (che passa quasi interamente nelle mani del governo), per proseguire con  quello giudiziario (che diventa indipendente) e finire con quello legislativo (possibilità per il premier di proporre lo scioglimento delle Camere); una quota di donne nel Consiglio superiore della magistratura; il berbero, parlato da gran parte della popolazione, promosso lingua ufficiale accanto all’arabo.

Questa bozza di riforma è stata elaborata da un comitato di saggi nominati dal sovrano stesso il 9 marzo. Mohammed VI si è convinto della necessità di un cambiamento profondo dell’assetto costituzionale dopo le imponenti manifestazioni che si sono tenute il 20 febbraio in tutto il Paese sull’onda delle rivolte in Tunisia ed Egitto. «Mohammed VI - spiega Hassan Bruneo, esponente della comunità marocchina in Italia - è molto amato dalla maggior parte del suo popolo. E proprio il popolo ha chiesto al re di fare le riforme. Non vede in lui un problema, ma una risorsa. E lui, che è un sovrano lungimirante, lo ha capito, ha concesso aperture importanti».
Quali sono i punti più rilevanti di questa riforma? «Il fatto di aver elevato il berbero al rango di lingua ufficiale è fondamentale - continua - perché dà voce a una parte importante della popolazione, finora costretta al silenzio. Ritengo essenziale anche lo spostamento del potere esecutivo dal sovrano al premier. È vero, questo passaggio non è completo ma, d’altra parte, non poteva spogliarsi delle sue prerogative tutto in una volta!».
«Giudico in modo positivo la riforma - gli fa eco Najat Bessali, dell’Associazione donne marocchine in Italia -. Con questo piano di riforme il re dimostra di essere un buon interprete delle esigenze della popolazione e di accettare, l’unico nel mondo arabo, un dialogo aperto e franco con i suoi sudditi. Non dimentichiamo che, oltre alle modifiche dell’assetto costituzionale, fu proprio questo sovrano a volere nel 2004 il nuovo codice di famiglia che garantisce molti diritti (prima negati) alle donne».

Non tutti i marocchini apprezzano questa riforma. Nel Paese i partiti di opposizione (da quelli di estrema sinistra alle formazioni islamiche) si sono coalizzati nel Movimento 20 febbraio e continuano a organizzare manifestazioni nelle città e nei villaggi per chiedere riforme più incisive. «Giudichiamo questa riforma negativa sia nel merito sia nel metodo con la quale è stata elaborata - spiega Brahim Baya del coordinamento italiano del Movimento 20 febbraio -. Avevamo chiesto al re di affidare le riforme a un’Assemblea costituente eletta democraticamente e in cui fossero rappresentate tutte le componenti del Paese. Il sovrano invece ha dato il compito di elaborare le riforme a un comitato composto da personalità a lui fedeli. Il progetto che ne è nato non poteva quindi contenere cambiamenti radicali...». Secondo gli esponenti del Movimento 20 febbraio la proposta che verrà sottoposta al referendum non cambia nei fatti l’assetto costituzionale. A loro parere il monarca è ancora la figura predominante che influenza sia il potere esecutivo (perché il consiglio dei ministri è da lui presieduto), sia quello legislativo (perché è ancora lui che scioglie le Camere), sia quello giudiziario (perché la metà dei membri della Corte costituzionale è da lui nominata, ma anche perché presiede il Consiglio superiore della magistratura).

«Mohammed VI ha solo ceduto prerogative marginali - coninua Baya - per questo noi continueremo a manifestare. E lo faremo finché il sovrano non accetterà di indire libere elezioni per l’Assemblea costituente». Il Movimento ha anche chiesto che i marocchini non si rechino alle urne. «Il risultato è falsato in partenza - osserva amaro Baye -. Il re non è neutrale in questa competizione ha addirittura invitato a votare “sì” alla riforma. Non solo, ma per il “sì” si sono schierati tutti i principali media e i partiti tradizionali. Che senso ha allora questo referendum?».
Enrico Casale

© FCSF – Popoli
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