Al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano
Al Presidente della Camera dei Deputati Laura Boldrini
Al Ministero degli Interni
Al Ministero degli Esteri
Al Sindaco del Comune di Milano e del Comune di Roma
e p.c. Questura di Milano e di Roma
p.c. Prefettura di Milano e di Roma
Bologna, 04/06/2013
L'Associazione Eritrean Youth Solidarity for National Salvation in Italia si appella al Presidente della Repubblica Italiana Giorgio Napolitano e alle autorità istituzionali per dare voce alla situazione drammatica dell’Eritrea, alle condizioni in cui vivono gli esuli Eritrei in Italia, alle responsabilità di Ambasciata e Consolato Eritreo in Italia sulla vita di tanti cittadini.
Conoscendo da vicino il lavoro che svolge il Consolato Eritreo, abbiamo riscontrato con certezza che si tratta di un presidio di potere e ricatto a servizio del regime repressivo al governo in Eritrea, a danno dei cittadini residenti in Italia. Da anni ormai la Comunità Eritrea di Milano è priva di una rappresentanza democratica e libera, poiché il consolato Eritreo si è impossessato della direzione della vita comunitaria imponendo regole arbitrarie.
Da vent’anni il governo Eritreo impone un tributo del 2% sui redditi della diaspora. A chi non paga non vengono rinnovati i documenti, viene impedito di compiere atti giuridici in patria ed è proibito persino inviare aiuti alla famiglia. Se un cittadino eritreo non paga, non gli vengono rinnovati i documenti nelle sedi consolari e non può compiere alcun atto giuridico in Eritrea (acquistare o vendere case e terreni, partecipare alla successione testamentaria, richiedere documenti, ecc.).
Gruppi di eritrei in Italia e all’estero hanno iniziato a chiedere di ridurre i contributi. Per il governo Eritreo il contributo è un modo per avere entrate certe in valuta pregiata: valuta contante, perché i consolati non accettano pagamenti tramite assegni, carte di credito, bancomat.
Un flusso di denaro del quale non si conosce la destinazione, tanto da attirare l’attenzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. Nella risoluzione n. 1907 del 2009 nella quale è stato imposto l’embargo all’esportazione di armi verso l’Eritrea, l’Onu pone l’attenzione a tutte le forme di finanziamento di questo traffico. E tra queste ci sarebbero anche le ambasciate e la rete consolare eritrea che gestiscono fondi ingenti derivati dalla cosiddetta diaspora taxation. Il Gruppo di monitoraggio delle Nazioni Unite rileva che coloro che non riescono a pagare si vedono rifiutare passaporti o visti o negare l'ingresso in Eritrea, nonostante la loro cittadinanza. Ci sono stati dei casi di beni sequestrati o di familiari in Eritrea molestati. Ci sono anche state segnalazioni di emigrati eritrei in visita in Eritrea a cui è stato impedito di lasciare il paese perché non erano riusciti a pagare la tassa.
Tutti quelli che non riescono a pagare la tassa del 2% sono nella “lista nera" del governo fino a quando non pagano.
Non è un caso che il Canada, pur non vietando all’Eritrea la riscossione sul suo territorio del tributo, abbia imposto che fossero adottati sistemi di pagamento «tracciabili». Ed è notizia del 24 maggio 2013 che "il Canada ha preso provvedimenti per espellere (dichiarare persona non grata) Mr. Semere Ghebremariam O. Micael, Console e capo del Consolato Generale di Toronto, con effetto immediato", come ha dichiarato il Dipartimento Affari Esteri. L'accusa è che O. Micael abbia usato la sua posizione per raccogliere fondi per l'esercito eritreo, chiedendo agli eritrei in Canada "contributi" per aiutare il fondo paese la sua guerra contro l'Etiopia. "Questo non è permesso sotto sanzioni internazionali, perché l'esercito eritreo è sospettato di avere legami con al Qaeda africana" (fonte: Adrian Wyld / The Canadian Press).
Per tornare in Italia, il mancato pagamento non impedisce solo il rilascio dei documenti eritrei ma, per assurdo, anche di quelli italiani. Quando, per esempio, un eritreo chiede la cittadinanza italiana, le Prefetture pretendono il certificato di nascita e i carichi pendenti del Paese di provenienza, documenti che possono essere richiesti solo nelle ambasciate o nei consolati. Quando ai funzionari italiani vengono fatte notare le difficoltà incontrate, questi chiedono che si porti loro una testimonianza scritta. Testimonianze però non ce ne sono e non possono essercene visto che i funzionari eritrei non rilasciano ai loro cittadini dinieghi scritti e motivati per il mancato rilascio dei documenti.
In questa imposta c’è anche un forte elemento di controllo politico, un controllo capillare esercitato non solo dai Funzionari dell’Ambasciata, ma anche da persone all’interno delle singole comunità e associazioni “etniche” (Presidenti, consiglieri, ecc.) che sono direttamente collegati con l’ambasciata e/o che lavorano per essa. Se, per esempio, un eritreo è disoccupato e non può pagare il 2%, l’ambasciata chiede all’interessato la certificazione di disoccupazione (da parte di enti italiani) oppure, in assenza della certificazione, la testimonianza di una di queste persone di fiducia. Lo stesso accade se un eritreo lavora “in nero”. In questo caso solo una persona di fiducia dell’ambasciata può testimoniare presso l’ambasciata o il consolato che quell’eritreo ha un’occupazione precaria. Questo sistema, inevitabilmente, alimenta un forte giro di corruzione.
È un controllo asfissiante che riguarda tutti i campi della vita degli immigrati. Negli archivi dell’ambasciata e dei consolati infatti non è solo registrato se il singolo eritreo ha pagato il 2%, ma anche se quello stesso eritreo ha o meno partecipato alle iniziative della comunità. Dai fatti di ogni giorno si vede sempre che tanti, troppi cittadini eritrei in Italia sono privati dei loro diritti in maniera arrogante da funzionari che non hanno minimo riguardo della dignità umana.
Noi vogliamo che vengano valutate con severità le ragioni della presenza del Ambasciata/consolato Eritreo in Italia, una presenza nociva e diseducativa per una convivenza civile e pacifica.
È possibile che uno stato firmatario della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali permetta e collabori con Associazioni e consolati che di fatto ledono diritti fondamentali e inderogabili?
È giusto che in uno stato di diritto i cittadini eritrei subiscano una doppia imposizione fiscale, frutto di persecuzioni e intimidazioni imputabili ai consolati o alle suddette associazioni o a persone fedeli alla politica del regime residenti nel territorio italiano che operano come dei veri e propri esattori di tasse in nome e per conto dello stato Eritreo?
Crediamo sia interesse nazionale Italiano proteggere i suoi cittadini, pertanto chiediamo:
* una indagine accurata sul sistema di tassazione indicato, sul sistema di rilascio dei documenti e sulle garanzie di tutela ai cittadini;
* qualora gli elementi indicati risultassero provati anche da una indagine italiana, chiediamo, come avvenuto in altri paesi, la chiusura del Consolato e l'espulsione dei Responsabili.
Il regime attuale ci ha tolto la libertà dataci dai veri patrioti e la nostra presenza in Italia è la testimonianza del nostro involontario esilio.
Presidente Associazione
Eritrean Youth Solidarity for National Salvation (EYSNS ITALY)