Da gennaio sulla versione cartacea di Popoli parte una nuova rubrica, Inter@gire, dedicata alle connessioni tra nuove tecnologie e Sud del mondo. Ecco la prima "puntata".
Il 2011 verrà ricordato soprattutto per la protesta popolare senza precedenti che in Nord Africa ha catalizzato l’attenzione del mondo intero su una domanda di maggiore libertà, dignità, democrazia e opportunità economica. Un vento di novità, quello della «primavera araba», che non ha caratterizzato solo le piazze fisiche, ma anche quelle virtuali della rete, attraverso le quali il mondo ha potuto raccogliere informazioni e immagini di ciò che stava realmente accadendo attraverso le testimonianze dirette di chi chiamava a raccolta i propri concittadini, postava sui blog o inseriva messaggi su Twitter.
Può forse sembrare eccessivo considerare la blogosfera e i social network come uno dei motori principali del nuovo vento di rinnovamento che spira in Nord Africa, ma non lo è se pensiamo che nell’intero continente, nel giro di pochi anni, c’è stata una veloce e straordinaria evoluzione dei sistemi di informazione digitali.
L’Africa si è connessa a internet nel 2000, con l’installazione della prima dorsale a fibra ottica, ma già nel 2009 ne erano state installate altre due, consentendo una trasmissione dati complessiva di 2.580 Gb/sec. Entro il 2012, dopo solo tre anni, i canali di trasmissione digitale in Africa saranno ben dodici e raggiungeranno una capacità di trasmissione complessiva di 31.640 Gb/sec.
Questo aumento di connettività ha favorito l’immediata diffusione dei social media: nel 2010 il continente africano è stato quello con i tassi maggiori di crescita su Facebook, superiori addirittura a quelli asiatici. In Paesi come la Repubblica Democratica del Congo e l’Angola l’incremento percentuale di iscrizioni a Facebook negli ultimi sei mesi è stato addirittura superiore al 50% e a Dakar, oggi, più di un terzo della popolazione ha un profilo su Facebook.
Con l’espansione del sistema di informazione anche la gamma di opzioni e opportunità disponibili per gli africani si è ampliata, ampliandone di rimando le aspettative: dalla capacità degli agricoltori nel trovare mercati alternativi per le loro colture, a quella delle organizzazioni civili di vigilare sulla correttezza e trasparenza delle elezioni, a quella dei cittadini che inviano messaggi in rete alle radio (attualmente il mezzo di comunicazione più utilizzato in Africa) per avere risposte dai propri rappresentanti politici.
Nel marzo 2011, per esempio, in Uganda gli elettori hanno potuto inviare alcune domande attraverso Facebook durante uno dei dibattiti finali fra i candidati sindaco a Kampala. Di contro, sempre in Uganda, un mese prima, infuriò una protesta non appena si scoprì che il governo aveva bloccato tutti i messaggi sms che facevano riferimento alle proteste in corso in Tunisia ed Egitto durante il periodo elettorale, fatto che costò molto in termini di credibilità al regime di Museveni.
L’espansione su più canali delle reti digitali in Africa sta quindi ridefinendo anche le modalità attraverso cui i cittadini si organizzano e promuovono le loro azioni, a cominciare dalla protesta diffusa che portò in piazza migliaia di manifestanti in Mozambico nel settembre del 2010, scoppiata in seguito alla circolazione virale di una moltitudine di messaggi sms che criticavano gli eccessivi rincari decisi dal governo sul prezzo di pane, luce e acqua.
A dispetto di questi progressi, ancora molti ostacoli normativi inibiscono l’impatto dei nuovi media e delle tecnologie digitali in Africa. Tuttavia la rapida crescita della radio, dei telefoni cellulari e di internet è un’ulteriore testimonianza del desiderio diffuso tra gli africani di avere un accesso più diversificato ai media indipendenti. La penetrazione e la diversità di queste tecnologie e l’importanza che hanno per ampie fasce di africani rende la loro crescita oggi ormai difficile da invertire o controllare.