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LA MINORANZA CRISTIANA/ "Nessun problema. Per il momento"
31 maggio 2012
Padre Alan Arcebuche è il direttore di Caritas Libia e vive a Tripoli. A lui abbiamo chiesto di tracciare un quadro della situazione nella quale si muove la Chiesa cattolica nel Paese.

Quanti cristiani ci sono in Libia? E quanti cattolici?
Prima della guerra civile, stimavamo ci fossero 200mila cristiani, divisi nelle cinque Chiese ufficialmente riconosciute dal regime di Gheddafi: cattolica, copta, riformata, anglicana e greco-ortodossa. Più di 70mila erano cattolici, la maggior parte di essi proveniva da Africa subsahariana, Asia, Europa dell’Est e Paesi arabi. Nel corso della guerra civile, molti cristiani hanno lasciato il Paese per sfuggire ai combattimenti, impoverendo così di fatto le Chiese. Oggi si stima ci siano non più di diecimila cattolici. Sono in maggioranza immigrati che non sono riusciti a tornare nei Paesi di origine.

Ci sono libici di religione cristiana?
Non ci sono libici che si dichiarano apertamente cristiani, anche perché il vecchio regime vietava le conversioni.

Su quali fronti è impegnata la Chiesa cattolica?
L’impegno principale è legato alla pastorale degli immigrati regolari e irregolari, dei lavoratori stranieri e delle persone che soggiornano per brevi periodi in Libia. In questi mesi, la Caritas ha svolto un’azione di assistenza nei confronti di migliaia di persone costrette a emigrare per la perdita del lavoro, ma anche di quelle che, timidamente, cercano di ritrovare in Libia un’attività.

Quale tipo di relazioni ci sono con i musulmani?
Dopo l’abolizione della World Islamic Call Society, l’organizzazione creata dal regime per favorire le relazioni tra musulmani e cristiani, non è stata ancora istituita un’agenzia per assolvere a questo compito. In questi mesi, però, non ci è stata imposta alcuna restrizione, continuiamo a svolgere le nostre attività pastorali e sociali.

Se le formazioni di matrice islamica prenderanno il potere, ci saranno rischi per i cristiani?
Le formazioni di matrice islamica possono arrivare al potere e, al momento, tutti gli osservatori li danno in vantaggio sulle altre formazioni. Per quanto riguarda le conseguenze per i cristiani, sono convinto che le istituzioni non imporranno divieti o limitazioni alle attività pastorali. Credo però che potranno esserci restrizioni nelle manifestazioni culturali.

© FCSF – Popoli
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