«Le motivazioni che sono alla base dell’iniziativa del 1° marzo sono
ampiamente condivisibili. A nostro parere, però, non è corretto
utilizzare l’arma dello sciopero». Lorenzo Todeschini dell’Anolf
(l’organizzazione legata alla Cisl che si occupa dell’assistenza e della
difesa dei diritti degli immigrati) non vuole prendere le distanze
dalla manifestazione ma, come ribadisce da tempo il sindacato
confederale, è critico sui metodi.
«Lo sciopero - continua - è
un’arma straordinaria in mano ai lavoratori, ma è un’arma di
contrapposizione. In questo caso non dobbiamo rompere con nessuno.
Dobbiamo, al contrario, creare ponti, perché l’integrazione è un
processo di lenta comprensione e accettazione reciproca». Il sindacato,
già nel 2010, proponeva al posto dello sciopero, l’organizzazione di una
grande manifestazione in cui si facesse risaltare l’importanza
crescente dell’immigrazione nella società italiana che è una società
sempre più interculturale. «L’immigrato - sottolinea Todeschini - è una
risorsa importante non solo per la nostra economia (pensiamo al
contributo crescente alla formazione del nostro Pil o alle casse degli
istituti previdenziali), ma anche per le nostre comunità. La loro
cultura arricchisce anche la nostra, questo è indubbio.
Quindi
ogni battaglia per affermare i loro diritti non solo è condivisibile, ma
è anche lecita, ma con i mezzi e le modalità corrette». Todeschini
guarda con favore a tutte le iniziative di sensibilizzazione:
manifestazioni, convegni, presidi, feste, ecc. «Gli strumenti per creare
integrazione – conclude – sono molti. E in questo senso noi come
sindacato siamo in prima linea. Ormai sono moltissimi i nostri delegati
sindacali immigrati nelle fabbriche e nelle aziende. E non rappresentano
solo se stessi o gli immigrati come loro, ma tutti i lavoratori».
e.c.