«Tra Italia e Malta ci sono buoni rapporti di vicinato. Così come ci sono ottime relazioni tra maltesi e italiani. Recentemente però i nostri Paesi si sono scambiati accuse reciproche per il fallimento di un’operazione di salvataggio di persone in mare aperto. Non so da che dove nascano queste tensioni. Personalmente non riesco a spiegarmele. Posso solo notare come sia triste che la polemica prenda il sopravvento sul salvataggio di persone umane». Joseph Cassar, gesuita, direttore del Jesuit refugee service di Malta commenta così le ennesime polemiche fra Roma e La Valletta scoppiate domenica scorsa per il mancato soccorso da parte delle autorità maltesi di un barcone di rifugiati (poi tratto in salvo dalla marina militare italiana). A lui
Popoli.info ha chiesto di fare il punto sulla situazione dell'immigrazione a Malta, piccolo arcipelago al centro delle rotte migratorie tra Africa ed Europa.
Le rivolte nordafricane hanno causato un aumento dei flussi di immigrati verso l’Europa. Malta com’è stata interessata da questo fenomeno? Quanti immigrati ci sono nell’arcipelago in questo momento?I rifugiati arrivati di recente via mare provengono dalla Libia. Il primo sbarco si è registrato il 28 marzo e il più recente il 19 maggio. Finora sono arrivati più di 1.400 tra uomini, donne e bambini, stipati in barche di legno che portavano ciascuna da 100 a 350 persone (lo 0,3% della popolazione, come se in Italia fossero arrivati quasi duecentomila immigrati). Nessuna tra le imbarcazioni giunte a Malta, proveniva dalla Tunisia. Le persone arrivate sulle imbarcazioni appartengono a nazionalità diverse: somali, eritrei, sudanesi (inclusi quelli provenienti dal Darfur), etiopi, ma anche nigeriani e ivoriani.
Malta è un’isola piccola che detiene il record europeo della maggiore densità abitativa. L’esperienza dell’immigrazione è un fenomeno che ha investito il nostro Paese solo nell’ultima decade. Ci sono molti cittadini stranieri che non sono considerati immigrati. La parola «immigrato» è generalmente utilizzata per descrivere chi è arrivato con imbarcazioni di fortuna e ha chiesto asilo a Malta. Con rare eccezioni, quasi tutti i richiedenti asilo arrivati in barca provengono da Paesi dell’Africa subsahariana, la maggior parte chiede e ha ricevuto protezione. Malta ha probabilmente la più alta percentuale di riconoscimenti di asilo nell’Unione europea. Ciò dimostra come la rotta del Mediterraneo centrale che unisce l’Africa all’Europasia battuta soprattutto da richiedenti asilo.
Come ha reagito l'opinione pubblica maltese?Nell’opinione pubblica fanno molto presa immagini che dipingono l’immigrazione come un’invasione o come una questione di sicurezza nazionale. I media (in particolare alcuni canali televisivi italiani, molto seguiti anche a Malta) hanno una grande responsabilità nella diffusione di questa visione. Parole come «clandestini», «nuovi sbarchi», «continuano senza tregua gli arrivi» spesso generano la paura che Malta possa essere invasa. I pregiudizi razziali abbondano e ne subiscono le conseguenze gli africani ai quali è stata riconosciuta la protezione internazionale e vivono a Malta. Un’altra tesi è che l’Islam si stia affermando: dimenticando il fatto che ci sono molti cristiani tra chi arriva. Chi è nato e cresciuto in Paesi musulmani e vive qui finora non ha causato particolari problemi. Ovviamente serve e servirà in futuro un sempre maggiore lavoro a favore del dialogo interculturale e interreligioso.
Dal 2002 sono arrivati 14mila immigrati. Un piccolo numero è stato spostato in altri Paesi, alcuni sono stati rimpatriati, altri hanno lasciato volontariamente l’arcipelago. Circa 5.500 persone sono rimaste qui a Malta.
Quali politiche sono state adottate dal governo maltese in materia di immigrazione?Come più piccolo Stato dell’Unione europea, il governo maltese ha continuamente sottolineato la dimensione europea dell’immigrazione irregolare, sia come conseguenza della fuga dal conflitto libico sia se dovuta a conflitti o violazioni di diritti umani (come in Somalia e in Eritrea). L’esecutivo ha sempre fatto affidamento sul senso di solidarietà da parte degli altri Paesi europei che dovrebbero ospitare nei loro territori le persone che sono sbarcate a Malta, anche perché molte di loro non avevano come meta l’arcipelago, ma l’Europa. Con rammarico, La Valletta ha dovuto inasprire i provvedimenti di detenzione degli immigrati irregolari, richiedenti asilo o meno, con l’eccezione delle persone vulnerabili. Le condizioni di detenzione sono severe e durano finché non si esaurisce l’iter della richiesta di asilo o, nel caso di rifiuto dell’asilo, fino a un massimo di 18 mesi. Sono innegabili gli effetti negativi di tale politica sullo stato psicologico dei richiedenti asilo.
Dove sono alloggiati gli immigrati a Malta? In quali condizioni?Terminata la detenzione, gli immigrati che godono di protezione internazionale così come quelli ai quali non è stato riconosciuto il diritto di asilo e che non possono essere rimpatriati, sono ospitati negli Open Centres. Questi centri sono diversi per dimensioni e qualità di accoglienza. Quelli per minori e famiglie generalmente sono di buon livello. I più grandi Open Centres sono invece sovraffollati e i due centri maggiori a Hal Far ospitano le persone in tende militari, container e in un vecchio hangar. Stanno, ovviamente meglio, quelli che trovano lavoro, escono dall’Open Centre e affittano un appartamento. Una volta fuori dall’Open Centre per i migranti non ci sono benefit sociali, a meno che non venga loro riconosciuto lo status di rifugiato. Mentre gli immigrati regolari rimasti a Malta hanno accesso al sistema sanitario, i loro figli possono frequentare la scuola gratuitamente fino al diploma e chi gode di protezione internazionale può lavorare se trova un impiego, i benefit garantiti a chi gode della protezione sussidiaria non sono ben definiti.
Come opera il Jrs Malta?Il Jrs Malta ha concentrato la sua azione principalmente nei campi di detenzione che sono visitati regolarmente dai nostri operatori. Attualmente ci sono circa 1.300 persone detenute. Il Jrs offre informazioni e servizi quali l’assistenza legale, il supporto psicologico e il conforto religioso: servizi forniti ai migranti anche fuori dai campi.
Jrs Malta gestisce poi un progetto rivolto agli studenti per far conoscere i motivi per i quali le persone sono costrette a lasciare i loro Paesi. Il lavoro di advocacy include ricerche e pubblicazioni tematiche. Il Jrs offre infine anche un sostegno finanziario e materiale ai richiedenti asilo più bisognosi.
Quale coordinamento esiste tra Malta e gli altri Paesi europei nelle politiche di gestione dell’immigrazione?Malta ha anche buoni rapporti con gli altri Paesi europei. E c’è collaborazione sui temi dell’immigrazione. Per esempio, La Valletta insieme a un certo numero di nazioni europee ha lanciato un progetto pilota, chiamato Eurema, per il reinsediamento di alcune centinaia di persone arrivate nell’arcipelago, in Paesi del continente. Anche se per noi è difficile dare un giudizio su questo progetto perché non abbiamo a disposizione sufficienti informazioni in merito.
Si legge spesso di immigrati morti nell’attraversare il Mediterraneo. Cosa ci può dire in merito?È una tragedia ed è ancora più terribile se si pensa che ciò accade da anni. Il Mediterraneo è diventato un cimitero di migranti, sia richiedenti asilo sia coloro che cercano di raggiungere l’Europa per migliorare le loro condizioni economiche.
Da quando è iniziato il conflitto in Libia abbiamo avuto notizia di molti morti. Ma chi si ricorda delle oltre 300 persone annegate alla fine di marzo 2009 mentre cercavano di lasciare la Libia a bordo di un’imbarcazione? O chi si ricorda dei 73 eritrei che sono morti di fame e sete nell’agosto 2009 dopo tre settimane che andava alla deriva su una barchetta che era stata più volte avvistata, ma mai soccorsa?
Le persone muoiono perché viaggiano su imbarcazioni non idonee. Nella maggior parte dei casi non hanno altra scelta. Ho incontrato persone che si sono imbarcate solo dopo aver constatato l’impossibilità di lasciare la Libia o la Tunisia via terra, perché le piste erano pericolose. In questo modo alcune famiglie si sono separate. Dobbiamo chiederci perché devono attraversare il Mediterraneo su queste piccole imbarcazioni, perché molti stranieri sono stati evacuati dalla Libia, mentre molti richiedenti asilo (la cui presenza era nota all’Acnur) sono state lasciati nel Paese. Prendere il mare in tali condizioni è estremamente pericoloso, ma è l’unica opzione che resta a chi cerca la salvezza in Europa.
Enrico Casale