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Medio Oriente, echi dal Sinodo
15 ottobre 2010
Come Segretario della Congregazione per le Chiese orientali ha contribuito a preparare il Sinodo per il Medio Oriente in svolgimento a Roma (10-24 ottobre) (leggi l’intervista uscita su Popoli). Ora, dopo 5 giornate di assemblee, abbiamo chiesto a padre Cyril Vasil, gesuita, di tracciare un provvisorio bilancio.
«Le prime impressioni – spiega – sono positive. Il mio timore era che il Sinodo venisse preso come occasione per esprimere solo le difficoltà, il pessimismo, l’amarezza di chi vive situazioni obiettivamente complesse. Invece vedo grande equilibrio: emergono i problemi, ma si raccontano anche le esperienze positive, le speranze».

Quali le questioni che emergono in modo più ricorrente?
Anzitutto questioni di carattere giurisdizionale rispetto ai tanti cristiani d’Oriente emigrati in altri Paesi. Sembrano problemi tecnici, ma ci sono dietro le vite di tante persone. Ci si chiede come assicurare l’inserimento, anche pastorale ed ecclesiale, degli immigrati nelle società di arrivo, pur mantenendo le identità originarie e un legame non solo emotivo con la terra di origine. Si è poi parlato molto della necessità di rivedere i metodi di evangelizzazione e testimonianza (in Medio Oriente non si usa volentieri il termine «missione»…): ci si trova di fronte a un contesto sociale e culturale che non distingue tra Stato e religione e questo ovviamente crea difficoltà rispetto ai temi della libertà di coscienza, dell’evangelizzazione, ecc. Hanno suscitato emozione, inoltre, le testimonianze di sofferenze che vivono molti cristiani, ad esempio quelli della Penisola arabica (vedi approfondimento): si può dire che questi fedeli vivono la stessa situazione dei primi discepoli o anche dei cristiani durante il regime sovietico. Giustamente ci si preoccupa della diaspora dei cristiani dal Medio Oriente, ma c’è anche un arrivo di cristiani in queste regioni: il problema è che si tratta di un arrivo anonimo, sommerso.

Soprattutto negli interventi «liberi» vengono avanzate proposte per la vita delle Chiese nel Medio Oriente: ad esempio unificare le date della Pasqua cattolica e ortodossa, promuovere una versione «ecumenica» del Padre nostro, già usata in alcuni casi. Che cosa sarà di queste e altre proposte?
Occorre sempre ricordare che il Sinodo non è un organo legislativo, ma un organo consultivo. Ci sono due eccessi opposti da evitare: descrivere il Sinodo come due settimane di chiacchiere che non servono a nulla, oppure attendersi da questo incontro decisioni rivoluzionarie. La verità sta nel mezzo, si tratta di un cammino: il fatto di parlarsi, confrontarsi, apre uno spazio di consapevolezza. Alcune decisioni devono per forza essere prese «dall’alto», ma maturano solo se si capisce che c’è una domanda dalla «base».

I cosiddetti grandi media non stanno dando molto spazio al Sinodo: che cosa ne pensa…
Scherzando ma non troppo, rispondo che sono contento: è meglio così, altrimenti sappiamo che questi media avrebbero puntato solo sugli aspetti geopolitici, dimenticando di approfondire tutte le altre dimensioni.
Stefano Femminis

© FCSF – Popoli