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Noi maroniti, a rischio di estinzione
24 settembre 2010
Domenica 10 ottobre si è aperta a Roma l'Assemblea speciale del Sinodo dei vescovi del Medio Oriente. I prelati discutono sul tema «La Chiesa cattolica in Medio Oriente: comunione e testimonianza. “La moltitudine di coloro che erano diventati credenti aveva un cuore solo e un’anima sola”.(At 4,32)».
Popoli ha chiesto a padre Paul Azzi, procuratore dell'Ordine libanese maronita di fare il punto sulla condizione dei cattolici in Medio Oriente.

Quali sono i problemi principali che la Chiesa maronita e le Chiese cristiane orientali si trovano ad affrontare in questi anni?
Il più grave problema - spiega Paul Azzi, procuratore generale dell’Ordine libanese maronita - è l’emigrazione dei cristiani dalla Terra Santa. Quest’emigrazione è dovuta alla situazione di incertezza politica, economica e sociale causata, da un lato, dall’emergere del fanatismo religioso di matrice islamica e, dall’altro, dal perdurare del conflitto israelo-palestinese. Di fronte all’instabilità della regione, i cristiani emigrano in America, Australia ed Europa. Per noi, che siamo una piccola comunità, la fuga è pericolosa perché rischia di farci sparire del tutto da una terra nella quale siamo presenti da secoli. Ma non è solo una questione di presenza. Per noi, come per tutti i cristiani, questa è la Terra Santa, un luogo che ha un significato particolare e i nostri fedeli vogliono continuare a dare una testimonianza di fede in questa regione.

Quale risposta può offrire il Sinodo al problema dell’emigrazione?
Il Sinodo è un segnale di speranza. È un appuntamento importante in cui la Chiesa universale dimostra la sua vicinanza ai cristiani mediorientali. Le Chiese orientali guardano alla Santa Sede come un punto di riferimento spirituale, ma anche come solido sostegno politico alle loro istanze. Un sostegno che non è mai venuto meno e che, oggi come in passato, offre sicurezza ai cristiani mediorientali.

La Chiesa maronita come si è preparata al Sinodo?
Le parrocchie, le diocesi e lo stesso Patriarcato hanno organizzato incontri di preparazione nei quali si è dibattuto sugli specifici temi del Sinodo e si è pregato. Il Sinodo è un anche un momento spirituale importante, un momento di conversione in cui noi come cristiani mediorientali dobbiamo prendere atto della nostra debolezza e dobbiamo interrogarci su quale contributo possiamo offrire alla nostra regione e alla Chiesa universale.
Proprio quest’anno festeggiamo il 1.600° anniversario dalla morte del nostro patrono san Marone. In questi secoli abbiamo sempre testimoniato la nostra fede anche con esempi di santità. Pensiamo a san Nimatullah, san Charbel, ecc. Il 27 giugno in Libano è stato proclamato beato Stefano Nehme. Questa beatificazione, ancora una volta, rappresenta per noi una speranza. Essa dimostra come il nostro popolo abbia ancora una testimonianza di fede e di santità da offrire al Medio Oriente.

Quali rapporti avete con le Chiese ortodosse? E con il mondo islamico?
La Chiesa maronita è sempre stata ben accettata dalle Chiese ortodosse e storicamente abbiamo buone relazioni con i loro Patriarcati. Il dialogo ecumenico è vitale sia sul territorio (per esempio tra parrocchie), sia a livello più elevato. Il dialogo però va potenziato.
Anche con l’islam il dialogo è aperto. Le nostre relazioni sono ottime quando tra noi e i musulmani non si inseriscono i fondamentalisti religiosi. La «guerra santa» proclamata dai fondamentalisti si rivolge soprattutto verso i cristiani e quindi noi ne risentiamo di più, ma è anche vero che la maggioranza dei musulmani non è fondamentalista. In Libano la convivenza è ancora possibile, questo Paese può testimoniare di fronte al mondo come musulmani e cristiani possano vivere insieme in armonia.
e.c.
© FCSF – Popoli