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Se Atene piange
5 agosto 2011
La nostra via, in un quartiere della capitale greca che in passato era borghese, è stretta. Ingombra di numerose auto, come inchiodate più che parcheggiate, da lungo tempo la strada è percorsa regolarmente da figure nere, che avanzano con nonchalance, più o meno coperte con turbanti: sono uomini e donne etiopi che si incontrano non lontano, davanti alle vetrine di uno di quei negozi, spesso di cinesi, che vendono «tutto a 2 euro».
Più lontano, da qualche giorno, un viale importante che conduce al centro della città è bloccato: manifestanti di estrema destra, nazionalisti violenti, hanno preso il posto della polizia sotto gli occhi della polizia stessa. Ecco i fatti: un uomo che portava in clinica la moglie incinta è stato accoltellato e ucciso da due stranieri sconosciuti, interessati alla sua macchina fotografica. Erano le cinque di mattina, la donna stava per partorire e l’uomo è morto là dove ora ci sono bandiere greche, fiori, slogan anti-immigrati e icone. La vendetta non ha tardato ad arrivare: in pochi giorni, diversi immigrati cinesi, guineani, albanesi sono stati aggrediti in pieno giorno, riempiti di botte o feriti a morte.
Dall’altro lato della nostra strada, un luogo che serviva da parcheggio è diventato molto rumoroso sia di giorno sia di notte. Oltre il bar e la discoteca, dove si alternano un gran numero di prostitute - si dice siano ucraine - un giardinetto sporco accoglie qualche ubriaco. Sono perlopiù polacchi, ma potrebbero essere anche albanesi, romeni o bulgari. La parrocchia cattolica animata da tre gesuiti polacchi attira alcune centinaia di famiglie e di vecchi immigrati in questo Paese (i polacchi raggiunsero il numero di 130mila dopo la caduta del comunismo). Alcuni, fermatisi in Grecia, non si sono mai inseriti nella società e hanno avuto gravi incidenti di percorso. Ed eccoli, come naufraghi, camminare rasentando i muri, in cerca di sostegno o della tranquillità di qualche cassa di birra.

«IN VENDITA»
Siamo davvero nel cuore di Atene, la capitale greca? Sì, il quartiere del resto non è privo di greci! Vive, sopravvive e cerca la propria identità. Gli hotel restano numerosi, anche se sono scesi di categoria rispetto al passato. Alcuni bar, parrucchieri, negozi di alimentari e piccole botteghe artigiane sono ancora risparmiati dalla crisi. Molti altri sono chiusi da tempo. I cartelli «poleítai», «enoikiázetai» («vendesi», «affittasi») sono affissi in tutta la città, non solo nelle zone tradizionalmente considerate povere. In questi quartieri, come in quelli ricchi dell’immensa metropoli dove vive più di metà della popolazione greca, si è vissuto per troppo tempo al di sopra dei propri mezzi, con denaro a prestito. Abbiamo fatto il passo più lungo della gamba. Alcune abitazioni di lusso, nei quartieri di Psychiko, Kiffisia, Marousi o Palini, sono abbandonate, non affittate o affittabili.
Quanti disoccupati ci sono nelle strade di Atene? Difficile distinguere quelli che stanno lavorando da quelli che se ne vanno semplicemente in giro. Immigrati albanesi o africani, all’alba o sul fare della sera, si danno da fare per mettere insieme un pasto, metalli o altri tesori da caricare su carrelli di fortuna. È la loro ora. Da essa dipende la loro sopravvivenza nei giorni seguenti, settimana dopo settimana.
I quindici scioperi generali e le manifestazioni pubbliche nei quartieri di Omonia, Akademia o Syntagma, davanti al parlamento, non riguardano questa gente. Li hanno già raggiunti la stanchezza e una certa rassegnazione. Né indignati, né insorti, vagano o si rintanano in appartamenti sovraffollati, con venti o trenta persone stipate in un monolocale dove ciascuno deve pagare una quota fissata da qualcun altro che continua il lavoro dei trafficanti che hanno consentito loro di arrivare nel «paradiso Europa». Qui si soffre in silenzio, determinati a lasciare appena possibile la Grecia, satura di stranieri falsamente accolti.

STILI DI VITA
In che modo la crisi ha influenzato lo stile di vita delle persone in Grecia? Per rispondere dovremmo iniziare da chi vive più vicino a noi, nel centro della città. Non rappresenta però la maggioranza dei greci. Motociclette costose, vetture potenti o fuoristrada degli sbruffoni pullulano ancora nel traffico intenso della capitale. Ci si sposta da soli, ci si dà arie di una vita di lusso. Il gestore di una grande concessionaria ci dice tuttavia che gli ritorna una quantità di veicoli che deve rivendere a prezzi ridotti ed esportare verso i Balcani o l’Africa occidentale.
«Ho ridotto tutte le spese della mia società - racconta Barbara, dirigente cinquantenne di un’azienda che tra il 2009 e il 2010 ha visto ridursi le attività del 40% -. Non ritroveremo più il dinamismo economico degli scorsi anni, nulla sarà più come prima». Come lei, molti rinegoziano gli affitti al ribasso, cambiano operatore telefonico o il fornitore di elettricità per avere tariffe più vantaggiose, licenziano eventuali dipendenti e tentano di mantenere la famiglia, genitori in pensione, fratelli e sorelle disoccupati. Il bilancio stesso delle famiglie è toccato dalle ristrettezze e ogni gesto che fa risparmiare ha valore, come spegnere la luce uscendo da una stanza, non chiamare i cellulari dai telefoni fissi, abolire la paghetta dei bambini.
«Viviamo giorno per giorno, senza fare progetti per l’avvenire», osserva Amanda, una giurista di 53 anni. «Nella nostra équipe di ingegneri, tre sono stati già licenziati - aggiunge Artemis, una trentenne impiegata nel settore dei lavori pubblici -. Prima del mio matrimonio sarò già stata licenziata e anche Petros, il mio fidanzato, ha perso il lavoro di recente. Ci sentiamo fragili, minacciati. Non compriamo più carne e… quest’Iva che, anche per i locali, è salita al 23%!». E come pensano in molti, Artemis aggiunge: «Com’è possibile che non vadano a toccare i ricchi e i potenti? Che non si puniscano con arresti o multe quelli che sono notoriamente corrotti? Anche se tutti noi abbiamo mangiato alla tavola di questa corruzione senza ritegno, come ha detto in pubblico e senza pudore il vice primo ministro Pangalos?»
Questo Paese ha conosciuto la fame durante la seconda guerra mondiale e la guerra civile (1945-1949). Non pensava di vivere le difficoltà di oggi: prestiti bancari nascosti, ricorso all’artificio dei Giochi olimpici del 2004 e ai famosi «pacchetti Delors» offerti senza controlli da Bruxelles alla Grecia per ancorarsi più in fretta all’Europa, le varie menzogne di partiti e sindacati o le ostinazioni staliniane del partito comunista greco che ha approfittato della situazione tanto quanto gli altri.
La federazione dei commercianti annuncia i crolli dei consumi di gennaio-febbraio 2011 rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente: abbigliamento -25%, elettrodomestici e mobili -23%, cosmetici e prodotti di farmacia -22%, alimentari -12,5%. Sono 68mila i negozi che hanno chiuso tra agosto 2010 e febbraio 2011. Un terzo delle imprese ha ritardi di tre o quattro mesi nel pagamento degli stipendi. Tale è l’epurazione violenta, a marce forzate.

DISINGANNO E SFIDUCIA
Si capisce allora la paura dell’esplosione sociale, sempre più si comprende perché la piazza del parlamento sia piena di «indignati» - a volte, intere famiglie -, non sorprende che i politici, di destra come di sinistra, non possano uscire a bere un bicchiere la sera se vogliono evitare insulti, minacce e aggressioni.
Una sanità in cui si devono pagare i medici sotto banco, un’istruzione con una pletora di corsi privati, trasporti con la benzina verde a più di 1,70 euro al litro sono da anni i settori più degradati e indeboliti.
L’intera nuova generazione di studenti, incoraggiata da quella precedente che aveva vissuto autentiche umiliazioni, oggi è in collera o vive una grande inquietudine e sogna di lasciare il Paese, mentre migliaia di immigrati dal Sud come da Oriente, afghani, pakistani e bengalesi, continuano ad arrivare. Le migliaia di filippini e filippine che la domenica riempiono regolarmente la cattedrale cattolica lavorano duro e si organizzano bene per difendere i propri diritti.
Il 7 giugno il ministero del Lavoro ha scoperto che migliaia di funzionari a cui pagava la pensione erano morti. Il ministro, la signora Louka Katseli, poi uscita dal governo nel rimpasto di metà giugno, parlava in un’intervista al giornale Ta Nea di circa 4.500 pensioni percepite da persone decedute e di oltre 18mila casi di indennità di disoccupazione concesse a chi non ne aveva titolo. «Novemila pensionati ultracentenari che paghiamo sono realmente in vita?», aggiungeva. Una frode di cui Atene non sentiva davvero il bisogno, con un debito pubblico che ormai arriva al 150% del Pil.

BISOGNO DI MISURA
Passare dall’Hybris alla Misura, questo grande valore greco dei tempi di Socrate, è un sentiero stretto, da percorrere in modo rapido, con urgenza e in mezzo a molti pericoli. La Chiesa ortodossa, con la sua gerarchia, le istituzioni e le ricchezze che scandalizzano e tolgono credibilità all’autorità, si muoverà a dare un aiuto? Impaludata nei rituali e con la maggioranza dei pope e dei metropoliti sulla difensiva, non sembra promettere grandi cambiamenti.
La Sfinge che poneva domande a Edipo all’ingresso di Tebe o la Pizia, sacerdotessa del tempio di Delfi, che dava responsi ai principi e ai governanti come alla gente del popolo, manterrebbero il segreto delle vere risposte miste a compassione all’enigma e alla ferita dei greci? Qualcuno dice che, come nell’antichità, risponderebbero a loro volta con qualche acuta domanda e con oracoli profetici.
L’Europa e il mondo (in particolare la Cina, che amministra dal 2010 il porto del Pireo e vuole fare di Atene la testa di ponte per l’esportazione di tutti i propri container verso il nostro continente) con i loro responsabili politici lasciano il proprio segno sull’avvenire di questo piccolo Paese, culla della civiltà occidentale. Questa influenza non può essere solo quella delle sontuose navi da crociera che riversano per qualche ora, a Mykonos, la famosa isola delle Cicladi, migliaia di turisti di tutte le nazioni (si annuncia un aumento di almeno il 40% di turisti questa estate, anche a causa delle rivoluzioni nordafricane). E nemmeno si può pensare che il destino della Grecia sia affidato a una trojka di responsabili del controllo di gestione provenienti dalla zona euro o dal Fondo monetario.
Tutta una Grecia in risveglio aspetta da noi solidarietà, speranza, incoraggiamento, rigore, rispetto e il riconoscimento di una somiglianza (a titolo privato, come in senso pubblico) con le proprie realtà economiche e sociali, politiche e morali.    
Maurice Joyeux S.I.
© FCSF – Popoli