Il Senegal è destinato a diventare una nuova Costa d’Avorio? È ancora presto per dirlo. Ma la crisi istituzionale in corso rischia di trasformarsi in uno scontro aperto tra il presidente Abdoulaye Wade e l’opposizione. E gli scontri che si sono registrati sabato 28 gennaio hanno già fatto un morto (un poliziotto) e hanno causato la distruzione di alcune sedi del partito del presidente (Partito democratico senegalese).
Indipendente dal 1960, il Senegal è stato governato dal Partito socialista fino al 2000. In quell’anno, Abdoulaye Wade, alla guida di una formazione liberaldemocratica, diventa presidente e sarà rieletto nel febbraio 2007. Per 12 volte, Wade modifica la Costituzione cercando sempre di rafforzare l’esecutivo ai danni del parlamento e dell’opposizione. Il suo governo assume uno stile sempre più autoritario. Che si è accentuato ulteriormente nel giugno 2011, quando il presidente ha presentato un progetto di legge progetto di legge che riguardava proprio l’elezione del capo dello Stato. Fra l’altro, proponeva l’introduzione della formula del «ticket» sul modello Usa, ossia dell’abbinamento di presidente e vice presidente al momento del voto. Ma, soprattutto, prevedeva la possibilità di essere eletti con solo il 25% delle preferenze. Per i critici, il disegno di legge aveva come obiettivo quello di garantire la rielezione di Wade e aprire la strada al figlio Karim (possibile vice presidente) come successore al vertice del Paese. Di fronte al deciso rifiuto popolare per il loro tentativo di cambiare le regole a proprio favore, Wade e i suoi collaboratori sono stati costretti a fare marcia indietro in maniera rapida e il progetto è stato ritirato.
È stata la prima reazione di massa contro la politica del presidente, al potere dal 2000. In precedenza era sempre riuscito a gestire il malcontento derivante, ad esempio, da alcuni scandali legati alla cattiva gestione che hanno colpito la sua amministrazione.
Questa volta, però, il malessere di parte della popolazione si è fatto sentire in maniera eclatante. Esso è poi riuscito a concretizzarsi e a non perdere lo slancio, dando vita al Mouvement du 23 juin (Movimento del 23 giugno, meglio conosciuto con la sigla M23). Tale formazione, che riunisce vari settori della società, ha continuato la mobilitazione nei mesi successivi, organizzando anche eventi in concomitanza con quelli preparati dai sostenitori del presidente. Uno di essi si è tenuto il 23 dicembre 2011, giorno in cui Wade è stato ufficialmente scelto come candidato dal suo partito durante un congresso straordinario.
«Wade - spiega Saydou Moussa Ba, esponente di M23 in Italia - ha perso molti consensi. Non “sente” più il Paese e non è più in grado di governarlo. L’esecutivo non è più in grado di far fronte ai problemi e vive in una dimensione tutta sua. Come si fa a tollerare un governo con 50 ministri che prendono uno stipendio di 1.500.000 franchi Cfa (circa 3.000 euro), quando un operaio ne guadagna tra i 50 e i 150? Come si può tollerare la nascita del Senato (che in passato non esisteva) in cui il 50% dei senatori è nominato direttamente dal presidente? Si costruiscono monumenti spendendo cifre astronomiche quando le periferie di Dakar sono inondate ogni volta che piove».
La goccia che ha fatto traboccare il vaso è stata però la decisione presa dalla Corte costituzionale venerdì scorso. Con una sentenza ha dichiarato ammissibile la candidatura al terzo mandato del presidente Wade (considerata illegale dai giuristi senegalesi e dall’opposizione) e ha bocciato quella di Youssou N’Dour, famoso cantante e maggiore esponente dell’opposizione (con ottime possibilità di essere eletto). L’opposizione è scesa in strada a Dakar e nelle principali città del Paese. «Gli scontri sono stati molto duri - spiega un altro immigrato impegnato nell’M23, ma che vuole rimanere anonimo -. Al di là della morte del poliziotto, sono state distrutte case, negozi e molte sedi del partito di Wade. L’opposizione non cederà facilmente. E anche Wade non arretrerà. Si profila una situazione simile a quella ivoriana. Solo un intervento della comunità internazionale potrà sbrogliare la matassa. Il presidente Barak Obama è già intervenuto dichiarando illegittima la candidatura di Wade. Speriamo che anche l’Europa intervenga».
L’opposizione lancia duri attacchi non solo al presidente, ma anche alla Corte costituzionale. «I giudici costituzionali - continua la nostra fonte anonima - sono di nomina presidenziale e Wade ha poi fatto di tutto per “agevolare” la loro decisione favorevole alla sua candidatura, regalando loro case e auto di lusso. Un vero scandalo».
Da parte sua lo staff presidenziale ha ribadito la legittimità della candidatura che sarebbe possibile grazie alle modifiche apportate alla costituzione nel 2011 e nel 2008. Il presidente Wade ha poi fatto ricorso per far annullare le candidature degli ex primi ministri Macky Sall e Idrissa Seck e dell’ex ministro degli Esteri, Cheikh Tidiane Gadio.
«Dopo due giorni di tregua (domenica e lunedì, ndr) - osserva Saydou Moussa Ba - l’M23 ha intenzione di organizzare domani una grande iniziativa in Senegal. I leader in patria hanno chiesto a noi della diaspora di organizzare manifestazioni davanti ai consolati e alle ambasciate nei singoli Paesi. Qui in Italia ci stiamo organizzando e, a breve, scenderemo in strada a protestare».
Enrico Casale