Il giornalista e scrittore Siddhartha Deb ha appena pubblicato il suo primo saggio Belli e dannati. Ritratto della nuova India (Neri Pozza 2012, pp. 351, euro 18), un lungo reportage frutto di quattro anni di viaggi, incontri, interviste nell’India contemporanea. Siddhartha ci racconta l’India attraverso le storie di cinque personaggi rappresentativi: dal ricco «smanioso e impaziente, con abitudini di consumo esasperate», all’ingegnere solitario ritenuto «l’emblema della nuova India», alla cameriera con turni di lavoro alienanti che desidera fare la maestra.
Uno dei protagonisti del libro è il super ricco Arindam Chaudhuri, fautore del management in stile indiano. Ci può spiegare che cosa caratterizza il capitalismo indiano? Il capitalismo indiano degli ultimi vent’anni è molto particolare. Non è cresciuto intorno alla produzione industriale, come è successo per il vecchio capitalismo o negli anni Ottanta, quando in India si produceva abbigliamento. Il nuovo capitalismo indiano gira intorno al mondo dei software, dell’IT (information technology), dell’economia della conoscenza. E sicuramente Chaudhuri, un businessman che viene dal mondo della pubblicità, fa parte di questo capitalismo: ha creato molte scuole di management, appoggiate dal governo, ma anche mass media, riviste e una casa di produzione cinematografica che ha prodotto film di successo in stile Bollywood. Tutto gira intorno al marketing, all’immagine, ai simboli.
Durante il suo reportage ha anche visitato le Zes (Zone economiche speciali) che stanno avendo un impatto notevole sul paesaggio indiano... Per le Zes è stato preso come modello la Cina, dove si sono costruite zone in cui esistono facilitazioni fiscali che permettono la creazione di nuove fabbriche e industrie. Seguendo questo modello, si voleva trasformare l’India in una potenza manifatturiera, ma questo non è avvenuto. La grande differenza tra Cina e India oggi è che la ricchezza indiana è basata sull’economia della conoscenza. Io ho visitato due Zes dove non sono state costruite industrie, ma enormi ville per ricchi, hotel a 5 stelle... Insomma le detrazioni fiscali erano sussidi al consumo per classi sociali elevate e ciò ha creato problemi. Il territorio è cambiato profondamente. In questi Zes sembra di essere a Dubai: enormi shopping mall, centri commerciali con centri benessere, zone uniformi e anonime, insomma un paesaggio scollegato dalla vera India. E per far questo si sono distrutti interi villaggi.
In questo inesorabile sviluppo indiano, infatti, i contadini sono i grandi assenti. Che cosa sta succedendo all’agricoltura? Il mondo dell’agricoltura sta conoscendo un periodo di enorme difficoltà dovuta alla crisi generale. In India ci sono oltre 400 milioni di agricoltori sottoposti a forti pressioni dal mercato, obbligati a coltivare colture ad alto reddito, come gli Ogm, che sappiamo essere costosi, richiedere molti investimenti ed essere insostenibili perché richiedono enormi quantità di acqua. E la situazione della falda in India è molto problematica. Dal 1997 al 2005 sono stati più di 200mila i suicidi tra agricoltori dovuti a problemi di debiti. Quando mi sono trovato a parlare con loro, quasi tutti hanno espresso il desiderio che i loro figli non diventassero agricoltori, un lavoro troppo duro e poco redditizio, ma che lavorassero nel mondo dell’IT. |