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Stranieri in Francia: le bugie di Sarkozy
12 aprile 2012
Da circa venticinque anni, ogni volta che i francesi vanno alle urne, la questione dell’immigrazione torna in primo piano nelle campagne elettorali. La sua apparizione, negli anni Ottanta, ha corrisposto alla crescita del Fronte Nazionale, la formazione politica di estrema destra fondata da Jean-Marie Le Pen. Ma quest’anno, mentre la campagna elettorale per l’elezione presidenziale del 22 aprile entra nel vivo, le proposte xenofobe sono diventate ancora più forti che nel passato e una parte della destra moderata inizia a temere di perdere voti a favore delle posizioni estreme.

Come già avvenne nelle precedenti elezioni del 2007, Nicolás Sarkozy ritiene di dover radicalizzare la sua posizione per conquistare una parte dell’elettorato del Fronte Nazionale. Ma l’informazione che l’opinione pubblica ha sulle cifre dell’immigrazione è talmente falsata che solo in pochi colgono la contraddizione tra ciò che si annuncia (ad esempio la riduzione del 50% degli ingressi per migranti legali) e quello che è nell’interesse del Paese. È già stato fatto molto negli ultimi cinque anni per inasprire le misure contro i sans papier, come per restringere il diritto di asilo, ma i flussi migratori sono più sensibili alla congiuntura economica che alle decisioni politiche. La maggior parte dei francesi ignora il fatto che oggi la Francia è, tra tutti i Paesi dell’Europa occidentale, quello che accoglie meno immigrati all’anno, in rapporto alla sua popolazione.

Nella campagna presidenziale, i socialisti, che sono secondo i sondaggi l’opposizione più forte, evitano di affrontare apertamente il tema, preferendo parlare poco delle loro proposte e cercando soprattutto di denunciare la deriva del candidato Sarkozy verso le tesi del Fronte Nazionale. Tuttavia una novità esiste: François Hollande, candidato socialista, ha annunciato di voler concedere il diritto di voto nelle elezioni locali a tutti coloro che risiedono regolarmente da più di cinque anni. La Francia è un Paese di immigrazione fin dall’Ottocento e quasi un quarto dei francesi ha almeno un nonno nato all’estero. Oggi gli immigrati sono circa 5 milioni, di cui 1,5 ha ottenuto la cittadinanza per naturalizzazione o attraverso il matrimonio. Inoltre ci sono circa mezzo milione di stranieri non immigrati: sono i giovani nati in Francia da genitori originari di altri Paesi, che diventeranno quasi tutti francesi a 18 anni.

Contrariamente a quella che è l’opinione più diffusa nel dibattito pubblico, non si può parlare di fallimento complessivo dell’integrazione, ma di gravi difficoltà che si presentano ovunque ci sia una eccessiva concentrazione di migranti e dei loro discendenti. Non è, in questo caso, la volontà di integrazione a essere insufficiente, ma una difficoltà diffusa a integrarsi nella società francese quando, nella scuola, per strada o nel quartiere si incontrano solo persone non di origine francese.

Come ha scritto la sociologa Dominique Schnapper, occorre distinguere due tipi di integrazione, una culturale e una strutturale. L’integrazione culturale si realizza in Francia in modo più efficace che in altri Paesi: i giovani nati in Francia da genitori immigrati adottano in larga misura i valori e i comportamenti della società che li circonda. Ma la loro integrazione «strutturale» è negativa: sono vittime della disoccupazione, di discriminazioni, finendo relegati in quartieri difficili. Fra tutti i Paesi europei, la Francia registra il maggiore divario tra le due forme di integrazione e ciò è fonte di grandi frustrazioni.
Christian Mellon SJ


Nella foto, il simbolo dell'Ump, il partito del presidente Sarkozy
© FCSF – Popoli
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