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Un'alleanza ecumenica per salvare la festa
27 febbraio 2012

Le disposizioni sulla liberalizzazione degli orari dei negozi contenute nel decreto «Salva-Italia» (art. 31) hanno riproposto nel nostro Paese un dibattito che da anni attraversa tutta l’Europa e avvicina anche le Chiese cristiane.

Nel giugno 2011 si è tenuto a Bruxelles un evento degno di nota: più di sessanta organizzazioni e gruppi di iniziativa hanno fondato l’Alleanza europea per la domenica libera dal lavoro. Il suo scopo dichiarato è quello di promuovere tempi di lavoro compatibili con la salvaguardia del tempo festivo, chiedendo di inserire la domenica libera nelle direttive europee sul lavoro.
Negli ultimi anni si è rafforzata la consapevolezza di che cosa significhi la domenica libera dal lavoro in diversi Paesi, grazie alla fondazione di alleanze e iniziative nazionali e regionali. Il movimento ha così assunto una dimensione europea.
In Polonia, ad esempio, dove nel 2009 sotto l’egida di Solidarnosc era stata fondata un’alleanza di questo tipo, l’iniziativa ha consentito ai lavoratori attivi nel commercio di riacquisire quattordici domeniche libere dal lavoro.
Tra i membri della nuova Alleanza europea figurano anche diverse realtà italiane, dall’Alleanza per la domenica libera dell’Alto Adige, anch’essa fondata nel 2009, come pure numerosi sindacati (Cgil, Uil, Fisascat).
A livello di organismi religiosi, l’iniziativa è stata sostenuta anche dalla Commissione degli episcopati cattolici dell’Unione europea (Comece), dal Jesuit European Social Centre (Jesc), dalla Conferenze delle Chiese europee (Cec), che riunisce decine di Chiese ortodosse e riformate.
Uno dei membri fondatori di questa alleanza europea è l’Alleanza austriaca, che esiste dal 2001. Ne fanno parte più di cinquanta organizzazioni di diverse Chiese cristiane, di sindacati e di altri settori della società civile quali Attac, il Club alpino o l’Associazione austriaca per genitori single.
Gli scopi che tutte queste realtà condividono sono l’impegno per la difesa della domenica libera, contro una sua strisciante abolizione; la promozione del tempo libero e della qualità della vita; la formazione di una pubblica consapevolezza di ciò che significa il valore di tempi condivisi più liberi.
Scavalcando le abituali frontiere storico-politiche, come, ad esempio, quella tra mondo operaio e Chiesa, e mettendo in raccordo ambienti sociali diversi e interessi a volte divergenti (come lavoro ed economia), l’Alleanza riesce a porre in evidenza, in modo efficace per la pubblica opinione, un’esigenza comune: il significato della domenica libera dal lavoro.
In questo senso ha una particolare importanza il fatto che tutte le quattordici Chiese cristiane dell’Austria si siano pubblicamente impegnate. Nella loro Dichiarazione sulla missione sociale (Sozialwort) del 2003, nata nel corso di un processo di dialogo durato quattro anni, le Chiese hanno fatto propria la decisione contenuta nella Charta Oecumenica delle Chiese cristiane d’Europa (2001) di presentare il più possibile di comune accordo le proprie istanze di fronte alle istituzioni secolari. Questo consente loro di avere molta più attenzione e credibilità di fronte all’opinione pubblica.
Il passo successivo è stato di coinvolgere anche le altre religioni abramitiche, ebrei e musulmani. L’Alleanza ha potuto così avviare un’iniziativa rivolta ai giovani insieme all’organizzazione giovanile islamica dell’Austria, nella convizione condivisa che il ritmo regolare dato dal riposo nel weekend sia un interesse comune.
In Austria l’Alleanza esiste da più di dieci anni ed è coordinata dalla Ksoe (Katholische Socialakademie Österreichs), il Centro sociale dei gesuiti di Vienna. L’Alleanza ha lanciato una campagna, ha organizzato inchieste e manifestazioni aziendali e contribuito a sensibilizzare la società attraverso i mezzi di comunicazione tradizionali e i social media. Una grande maggioranza della popolazione austriaca considera importante la domenica libera ed è del parere che le regole attuali siano sufficienti. Il lavoro domenicale dovrebbe essere autorizzato soltanto quando è indispensabile, come nell’ambito della salute, delle cure, della sicurezza o del traffico.
Il dibattito sull’apertura dei negozi alla domenica in periodi particolari come quello prenatalizio ritorna in modo ricorrente. Anche se il 90% di tutti gli esercizi commerciali si schiera a favore della domenica libera, i rappresentanti delle società di grande distribuzione o di centri commerciali tornano continuamente a farsi avanti con appelli alle liberalizzazioni. Gli (striscianti) tentativi di affossare la domenica libera continueranno. Oggi lo dimostra il caso dell’Italia, dove gli orari di apertura dei negozi - in connessione con una politica di forte austerità - saranno completamente liberalizzati nel 2012.
La domenica libera e i tempi liberi per stare insieme sono in realtà una questione di bene comune, ossia condizioni strutturali favorevoli al vivere insieme in società. La dimensione socio-culturale è un aspetto decisivo, che non viene considerato da quelli che ragionano solo in base alla libertà individuale e, in genere, soltanto in vista di vantaggi economici. È un modo di vedere di corta portata, perché la vita umana e sociale vale più dell’economia.
Esiste, infine, un problema di cultura, di spazi di libertà condivisi e di ritmi sociali di vita. La domenica libera consente ai singoli e a tutta la società di godere di agio e distensione, di incontri in famiglia e in comunità, di riflessione, celebrazione festiva, vacanze, come pure di molteplici altri impegni al di fuori del lavoro produttivo e del consumo.
Il decennio trascorso ci ha insegnato che agire insieme è efficace: alla trionfante tendenza neoliberale - per la quale tutto deve ridursi a merce e l’uomo alle sue capacità di lavoratore e di consumatore - possiamo opporre soluzioni sociali significative.
Un caso recente mette bene in evidenza che da un lato tempi liberi comuni, come la domenica, sono sempre di nuovo a rischio, dall’altro che - se si fa fronte comune - non vi è nessuna legge di natura che impone l’irrimediabile scomparsa della «domenica».
È successo che alcune lavoratrici romene della Real, che fa parte del gruppo tedesco della grande distribuzione Metro, quando sono state messe dalla direzione di fronte al fatto che, a Natale 2011 e a Capodanno 2012, avrebbero dovuto lavorare, si sono opposte, trovando sostegno anche all’estero. Grazie alla pressione internazionale si è potuto ottenere che fossero libere dal lavoro almeno a Capodanno.
La lotta per un tempo libero comune e per la domenica libera andrà avanti, in Romania, come in Italia, in Austria e in tutta l’Europa, e il nostro impegno solidale sarà più decisivo che mai.

Alois Riedlsperger SJ

Gesuita, teologo ed esperto di scienze sociali, è direttore dell’Accademia sociale cattolica d’Austria (Ksoe) a Vienna.

 

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