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Casamance, il lungo conflitto dimenticato

Tra gli immigrati senegalesi in Italia, ci sono anche rifugiati bisognosi di protezione, vittime di un conflitto poco conosciuto. La testimonianza di un giovane.


Nel 2011 gli operatori del Centro Astalli hanno notato un fenomeno in crescita: quello dei senegalesi che si rivolgono ai diversi servizi offerti. Quasi tutti sono in fuga dalla regione di Casamance, situata nella parte meridionale del Paese africano (tra Gambia e Guinea Bissau) e che è teatro di un conflitto trentennale alimentato dall’azione dei ribelli del Movimento delle Forze democratiche di Casamance (Mfdc). Questi, invocando la causa separatista, si oppongono al governo di Dakar.

Un rifugiato proveniente da questo tormentato contesto si racconta. La sua è un’esperienza particolare, perché è figlio di una donna della Casamance e di un uomo nato a Dakar.

«Sono senegalese. Da più di un anno sono rifugiato in Italia, dove ho potuto riorganizzare con serenità la mia vita. In Senegal ho studiato tanto, mi sono laureato in giurisprudenza e ho conseguito un master in commercio internazionale. A 24 anni ho iniziato a lavorare con mio padre, a Dakar. Mia madre è originaria di Casamance, così mi recavo ogni anno in quella zona per andare a salutarla. L’ultima volta, però, è accaduto qualcosa che ha cambiato la mia vita: sono stato catturato dai ribelli. Sapevano che avevo delle conoscenze nel campo dell’economia così mi hanno proposto di unirmi a loro e di gestire le questioni finanziarie del gruppo.

Ho rifiutato. Non potevo sostenere una lotta che non mi apparteneva. Ho vissuto tutta la mia vita a Dakar, non mi sentivo votato alla loro causa separatista, mi sentivo e mi sento senegalese. Desideravo solo continuare a vivere onestamente del mio lavoro. Da allora sono iniziate le minacce: se non avessi accettato mi avrebbero ucciso. Sono riuscito a scappare in Gambia ma i ribelli sono presenti anche lì, dove trovano l’appoggio del governo. Per sei anni ho vissuto nascondendomi, finché non sono riuscito a scappare verso l’Italia.

Quando sono arrivato a Roma ero spaventato e diffidente. Un ragazzo nigeriano mi ha indirizzato alla mensa del Centro Astalli, lì avrei potuto avere un pasto caldo e l’assistenza di alcuni avvocati. È da qui che la mia vita è ricominciata.

Devo molto a questo Paese, che mi ha accolto aiutandomi a superare le prime difficoltà. Da subito, però, ho sentito il bisogno di gestire autonomamente la mia vita. Ho iniziato a frequentare la scuola di italiano e a lavorare come mediatore culturale. Così, oggi, riesco anche ad aiutare la mia famiglia in Senegal.

Grazie al mio lavoro conosco molti senegalesi, cerco di aiutarli come posso, so che loro stanno vivendo oggi quello che io ho vissuto un anno fa. Sono ragazzi molto fragili, anche loro scappati dal conflitto in Casamance. Alcuni, purtroppo, vivono ancora per strada. I più fortunati, come me, lavorano duramente per aiutare le loro famiglie in Senegal.

Lo scorso dicembre sono stato scosso dal grave atto di razzismo ai danni della comunità senegalese di Firenze. Credo che tali episodi vadano condannati non solo per la loro brutalità, ma anche perché possono generare un’idea sbagliata degli italiani. Quanto accaduto è stato causato da una persona che non può e non deve rappresentare l’intera società italiana. Il razzismo esiste, ma la mia esperienza mi ha fatto conoscere tanti italiani capaci di atti di solidarietà e di vicinanza».


Fondazione Astalli

Le foto non si riferiscono ai soggetti descritti nell’articolo

 

SENEGAL DIVISO
Nel 2011 la regione di Casamance ha visto inasprirsi le violenze perpetrate dai ribelli del Mfdc che denunciano un atteggiamento di emarginazione e discriminazione operato dal Nord nei confronti del Sud. Nella regione abita l’etnia diola, diversa anche per lingua dalla maggioranza wolof. Inoltre, essendo una delle zone più ricche del Senegal, il governo centrale viene accusato di sfruttarne le ricchezze impedendo agli abitanti di trarre vantaggio dalle proprie risorse. Il conflitto ha visto alternarsi fasi di violenza intensa e fasi di ricerca di una soluzione pacifica. I diversi accordi di cessate il fuoco non hanno prodotto risultati significativi.
Tale contesto spiega l’aumento del numero di utenti senegalesi che si sono rivolti al Centro Astalli. I servizi di cui hanno maggiormente usufruito sono stati il centro d’ascolto, l’accettazione (dove si richiede la residenza per inoltrare la domanda d’asilo) e il centro SaMiFo per la salute dei migranti forzati.

© FCSF - Popoli, 1 marzo 2012