La campagna elettorale del 24-25 febbraio 2013 è già stata catalogata come una delle più televisive della storia italiana. A partire dalle primarie di novembre del Partito Democratico, con i due confronti televisivi tra i candidati sino alle ultime interviste del 23 febbraio, è stato un vero fiume di presenze in video (e non solo) di politici e opinionisti.
Tutti in video, quindi, tranne uno: Beppe Grillo. Se prendiamo in analisi i dati del pluralismo politico relativi alle presenze delle forze politiche in Rai nel periodo finale di campagna elettorale 21 gennaio-22 febbraio balza agli occhi il dato del Movimento 5 Stelle.
Su un monte ore di quasi 110 ore di presenza in video complessiva il M5S ne ha usufruito solo del 2,4% contro il 33% della coalizione guidata da Silvio Berlusconi, il 25,5% di quella guidata da Pier Luigi Bersani e il 19,7% di quella di Mario Monti. Un divario enorme non subìto ma, come è noto, deliberatamente scelto dal leader del Movimento, il quale ha vietato ai suoi seguaci di presenziare in televisione.
Grillo assente dalla televisione, quindi? Non proprio. La strategia, risultata chiaramente vincente, è stata quella di marcare una netta distanza dalle prassi consolidate di comunicazione fatte di talk show litigiosi, brevi e stereotipate dichiarazioni nei telegiornali e comparsate nei programmi di intrattenimento, per puntare tutto sulla piazza e il contatto diretto con i simpatizzanti-elettori, segnando anche fisicamente la differenza tra un «noi» (il Movimento) e un «loro» (la casta, la vecchia politica). Via via che si riempivano le piazze di Grillo, si riempivano anche i Tg delle sue provocazioni e invettive.
Un effetto eco dai risultati entusiasmanti per il Movimento. La crescita della mobilitazione non avveniva in contemporanea con l’oscuramento televisivo, ma al contrario veniva amplificata e debordava in tutto il palinsesto. Tale comunicazione, anche se soggetta a potenziali manipolazioni, visto che la selezione dei filmati da mandare in onda spettava agli inviati e ai giornalisti, è risultata semplice, immediata e coerente. Tanti slogan contro il sistema e soprattutto nessun obbligo di dovere rispondere a domande, magari articolando le proposte - spesso un po’ generiche - sulla riforma del sistema stesso.
In questo modo l’enorme domanda di cambiamento radicale, quello che non fa sconti alla vecchia classe politica, si è trovato sul piatto un messaggio pronto e facilmente consumabile: tutti a casa!
Antonio Nizzoli