Il contrasto fra ricchezza e povertà offende la dignità dell’uomo e mortifica quel disegno che parla di Regno, uguaglianza e giustizia. Rimuovere le cause di questo divario doloroso e spesso scandaloso è non solo un dovere etico e un’urgenza sociale, ma sempre di più interpella la coscienza di chi rintraccia la presenza dello Spirito nelle risorse da distribuire equamente, nel volto di chi nasce, vive e muore senza essere mai stato indipendente, responsabile del proprio lavoro, autonomo nelle sue scelte. Il destino di singole persone è anche il cammino di interi popoli. Forme sempre nuove di sfruttamento affliggono l’umanità. La schiavitù non è scomparsa, il colonialismo assume nuove forme di oppressione, il capitalismo privilegia sempre di più la proprietà finanziaria rispetto al lavoro delle persone e l’occupazione scompare quando non è garantito il profitto di un’impresa. La globalizzazione ancora una volta accentua le disparità e segna il fallimento di una civiltà e di un’economia che è nata e si è sviluppata sulla misura degli interessi di una piccola parte di mondo. Una parte che, con il suo stile di vita insostenibile, vede ora con terrore la necessità di diminuire il proprio livello di consumi e di benessere. Sorgono, possono sorgere altri modelli di sviluppo e di economia e vale la pena cambiare l’ottica e il punto di vista, partendo dagli ultimi.
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