C’era una volta un principe, Jancsi, giovane e bello. Doveva andare prigioniero dal re dei diavoli, Drómó, perché questi aveva fatto un patto con suo padre, Barbaverde. In verità, Drómó avrebbe potuto anche lasciarlo libero, se il giovane avesse superato alcune prove. Quali? Trasformare una foglia di cavolo cappuccio in un bel cappello e una tazza di succo di cavolo in uno sprone d’argento. Per fortuna Jancsi aveva l’appoggio della figlia del re dei diavoli, una bellissima ragazza che, per aiutarlo e fuggire con lui, si trasforma in un uccellino. Come tutte le fiabe, anche questa finisce bene e i due vissero felici e contenti nel regno del re Barbaverde.
Perché il bizzarro re dei diavoli si serva di un cavolo per provare l’astuzia del suo prigioniero non è dato sapere. Di sicuro se, come dice il proverbio, i cavoli non c’entrano con la merenda, c’entrano però con i casi della vita dei principi magiari e con la loro cucina. La ricetta viennese dei krautfleckerl (che l’European Food Information Resource colloca tra i cibi eccellenti) è venuta infatti dall’Ungheria.
Con i cavoli (nelle varie trasformazioni) si sono però sbizzarriti tutti i popoli del Mediterraneo. Intanto hanno pensato che, essendo nato dal sudore di Zeus, il cavolo fosse talmente medicamentoso da essere utile per qualsiasi cosa: dalle coliche alla dissenteria, come prescriveva il sommo Ippocrate, alla stitichezza, curata, appunto, con succo di cavolo. I romani lo pensavano capace di scacciare la malinconia e la tristezza, se ne servivano per assorbire meglio l’alcool, medicavano ulcerazioni e ferite con le foglie. E la cultura contadina lo ha messo in relazione con la nascita. Non solo perché i bambini nascono sotto i cavoli e mangiar cavoli ha il potere di aumentare il latte della puerpera, ma anche perché il modo di piantare il cavolo e il modo di raccoglierlo replicano i gesti dell’atto sessuale e quelli della levatrice.
Con meno rispetto, le popolazioni tedesche hanno imparato l’arte di deporlo in capaci otri scuri, lasciarlo macerare con cumino, alloro e ginepro per farne i crauti invernali. Il cavolo verza (Brassica oleracea della famiglia delle crucifere) è da sempre molto utilizzato dalle popolazioni europee: il suo contenuto di vitamina E, zolfo, fosforo, le sue virtù digestive, rimineralizzanti e ricostituenti ne fanno un ortaggio eccezionale. Una vera pianta «diabolica», a voler dar retta alla fiaba magiara.
Anna Casella Paltrinieri
La ricetta
KRAUTFLECKERL, IL MATRIMONIO TRA CAVOLI E PANCETTA
Lavare un cavolo verza di circa mezzo chilogrammo, tagliarlo a listarelle sottili e sbollentarlo. Tagliare una cipolla in piccoli pezzi e friggerla con olio e un cucchiaino di zucchero. Aggiungere il cavolo, sale, pepe, un bicchiere di vino bianco, del cumino e far cuocere finché il cavolo non sarà soffice. In un’altra padella friggere 50 grammi di pancetta tagliato a listarelle. Far cuocere 150 grammi di tagliatelle in acqua calda salata portata a ebollizione, poi scolarle, aggiungerle al cavolo e scaldare il tutto per due minuti nel forno. Aggiungere pancetta e servire.