Non sono una sostenitrice entusiasta delle teorie di Latouche. Almeno, non per quella parte che riguarda i «cosiddetti» Paesi emergenti o in via di sviluppo. L’idea che l’unica possibilità per gli africani sia quella di «uscire dallo sviluppo» mi pare un po’ troppo utopica e, forse, snob. Dimentica, quantomeno, che il continente africano continua ad avere bisogno di cibo, acqua, scuole, salute, strade. Solo, non ha bisogno di nuovo colonialismo e di nuovi colonialisti. Se però guardiamo al nostro mondo, ricco e ormai disgustato dal ben-avere, allora l’idea della decrescita felice (o della «a-crescita», come meglio si dovrebbe dire per essere fedeli all’autore) acquista una sua verità e un suo senso. Pensare a una vita nella quale ciò che conta non è il consumo ma l’esperienza, la relazione, il contatto, il senso profondo delle cose, l’accontentarsi di poco, ci conquista.
A tutti noi (o a molti di noi) sarà capitato di volare low cost. Esperienza in sé non eccezionale, dentro le norme della decenza e certo non in grado di stimolare acute riflessioni sulla condizione umana. Ma con qualche aspetto interessante. Un’assistenza ridotta al minimo, che pensa a un passeggero capace di districarsi da solo tra check in online, misure e peso delle valige da far corrispondere agli standard per evitare il sovrapprezzo, in grado di agguantare il più rapidamente possibile il proprio posto (scomodo) sull’aereo. Tutto il contrario del comfort ovattato che ci viene fatto invidiare dalle compagnie più blasonate, ma non così male. Non fosse per il bombardamento cui si è sottoposti una volta che si è riusciti ad accomodarsi e si pensa a qualche tempo tra sé e sé. Poiché si è loro «ostaggio» per la durata del volo (per fortuna mai molto lungo) è tutta un’offerta: di panini, tè, cappuccini, profumi, giocattoli, gadget. Biglietti della lotteria, in offerta solo per questa settimana, con i quali si contribuisce al lavoro di associazioni di beneficienza, calendari sui quali si potranno ammirare le hostess che ora ci servono con qualche velo in meno…
È la fiera del capitalismo d’assalto, del consumo per consumare, o, forse, del consumo terapeutico, per esorcizzare la sottile ansia da volo che, comunque, prende tutti e sempre quando si realizza di essere appesi a due ali. E non sono neppure oggetti a buon mercato: tutte le «firme» che contano, i profumi di lusso perché, vivaddio, voleremo pure low cost, ma sappiamo bene come gira il mondo! Dunque, viaggio spartano, essenziale, ma via libera a tutte le merci e mercificazione di tutto, anche del mio tempo che speravo libero. Torna in campo Latouche e, stavolta, bisogna dargli credito.
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