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Fame nera
Donne e bambini somali, sfollati a causa dei conflitti e dal 2011 vittime anche della carestia, sopravvivono grazie alle distribuzioni di aiuti alimentari. Il cibo - o la sua privazione - restano il segno più evidente delle sperequazioni del nostro Pianeta. Come raccontano le immagini di Riccardo Gangale
(gennaio 2013)
Amina Mohamed ha 25 anni, quattro figli e viene da Afmadow, nel sud della Somalia. È riparata nel campo per sfollati di Dhobey per la fame, la mancanza di cure mediche e per fuggire alle vessazioni delle milizie estremiste islamiche al-Shabaab che imperversano nella sua zona. Ha abbandonato la casa di fango che stava costruendo, ma dopo un mese di permanenza nel campo non è ancora pronta a tornare al suo villaggio. Amina e i suoi figli rappresentano la parte più vulnerabile della popolazione somala, donne e bambini sfollati, vittime di vent’anni di conflitto cui si è aggiunta, dal luglio 2011, la carestia più grave degli ultimi anni. In numerosi campi per sfollati, come Dhobey e Khansahley raffigurati in queste immagini, le persone sopravvivono grazie alle distribuzioni di alimenti. Ricevere un pacco che contiene datteri, zucchero, riso, tè, olio, farina e fagioli è la condizione per restare in vita.
Per il Pam (Programma alimentare mondiale), carestia e guerra rendono la Somalia la regione al mondo più impegnativa dal punto di vista del soccorso umanitario. Dalla metà del 2011 a oggi l’agenzia dell’Onu che si occupa delle emergenze alimentari ha raggiunto oltre un milione e mezzo di somali. Ma la situazione resta precaria anche per altri due milioni e mezzo, perché nel periodo delle piogge tra aprile e giugno 2012 le precipitazioni sono state ancora sparse e inferiori alla media. Fame e malnutrizione restano il dramma di ogni giorno.
Tutte le immagini del servizio sono state scattate per l’Ong canadese Global Enrichment Foundation (www.globalenrichmentfoundation.org), tranne quella a pag. 15, in alto, per l’Unhcr: raffigura una madre con i figli e i pochi averi, riparati in un campo vicino a Bosaso (Puntland).
Riccardo Gangale
Nato a Roma nel 1975, dopo studi scientifici e dopo avere frequentato una scuola di fotografia, nel 2002 Riccardo Gangale (www.riccardogangale.com) parte per l’Etiopia per il programma «Food for the cities» della Fao, iniziando una serie di viaggi e spostamenti nel continente africano come reporter free lance. Alla fine dello stesso anno è a Johannesburg e Soweto, per il summit sullo sviluppo sostenibile, poi in Ruanda e Congo. Nel 2003, in Algeria, inizia la collaborazione con l’agenzia Galbe.com e, successivamente, con Associated Press, come fotografo free lance nella regione dei Grandi laghi, con base a Kigali in Ruanda dal 2003 al 2008.

Dal 2008 è a Nairobi (Kenya) e lavora per agenzie Onu come Unicef, Unhcr, Wfp, Unep, oltre a varie Ong e organizzazioni internazionali in oltre una ventina di Paesi africani. Negli anni i suoi lavori sono stati pubblicati anche da New York Times, Time Magazine, The Times, Washington Post, Guardian, Libération, Der Spiegel, Le Monde. www.facebook.com/RiccardoGangalePhotography

2013. Pianeta cibo
Nel corso del 2013 i Pics sono dedicati al tema del cibo nelle sue molteplici declinazioni: come fondamentale (e spesso carente) sostegno per la vita, come occasione per promuovere o negare i diritti dei lavoratori e dell’ambiente, come espressione di identità culturali, elemento di feste e di riti. «Nutrire il Pianeta. Energia per la vita» è anche il tema della prossima Esposizione Universale di Milano del 2015.

Si ringrazia per il contributo: Cisl Lombardia - In collaborazione con Altromercato