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Guerra santa e ritorno al passato
23 maggio 2012
«I movimenti radicali che operano nella fascia saheliana fino al Corno d’Africa nascono per ragioni storiche, sociali, economiche e politiche locali, ma si ispirano a una comune forma di islamismo estremista». È nell’ideologia più che nelle strategie militari comuni che Massimo Campanini, docente di Storia dei Paesi islamici all’Università di Trento, vede un collegamento tra le diverse organizzazioni radicali che si stanno diffondendo sempre di più nella regione che va dal Mali alla Somalia.

A quale forma di islam si ispirano?
L’islam è una realtà molto diversificata nei vari contesti storici e geopolitici in cui si è affermata e nei suoi fondamenti teologici e dottrinali. Queste manifestazioni estremiste possono essere considerate marginali e comunque eccessive anche rispetto a una forza rivendicativa che è una caratteristica costituente dell’islam. Se dovessi inquadrare questi movimenti dal punto di vista ideologico, direi che si ispirano alle correnti dottrinali vicine al wahabismo e al salafismo. Wahabismo e salafismo, nonostante condividano uno stesso atteggiamento intransigente nei confronti di manifestazioni considerate antislamiche o eccessivamente occidentalizzate, sono però espressioni diverse dell’islam.

Quali sono le differenze in campo politico?
Esistono correnti salafite che rifiutano l’impegno politico perché sostengono che va contro le intenzioni autentiche dell’islam. Al loro fianco esistono correnti salafite jihadiste che propugnano la «guerra santa» contro gli infedeli, senza escludere il ricorso ad attentati e azioni terroristiche. Il wahabismo invece è un movimento molto conservatore nelle sue espressioni ideologiche: è contrario a ogni tipo di declinazione relativa al culto dei santi e alla contaminazione con l’Occidente. Wahabismo e salafismo condividono un medesimo orizzonte di rigidità dottrinale e di puritanesimo.
In generale, si può dire che i movimenti islamici radicali mirano a un ritorno al passato. Hanno cioè come obiettivo il rinnovamento nella società attuale dell’islam dell’epoca del Profeta. Un atteggiamento che definisco di «utopia retrospettiva», cioè guardare al passato come una sorta di «età dell’oro» da rinnovare.

Questi modelli ideologici tipici della cultura islamica di matrice araba come si applicano all’Africa subsahariana?
L’impianto ideologico di cui abbiamo parlato è valido in Medio Oriente e nel Nord Africa, ma non credo si applichi automaticamente ai movimenti dell’Africa subsahariana. Boko Haram, per esempio, è fondamentalmente un’organizzazione estremista nata in un contesto di profondo disagio sociale e di grande povertà. L’avversione a tutto ciò che è occidentale è l’elemento coagulante del gruppo e si esprime attraverso un rifiuto della situazione politica attuale in Nigeria.

La maggioranza dei fedeli musulmani come guarda a questi movimenti radicali?
Il musulmano medio li guarda con estremo sospetto e l’establishment religioso cerca di predicare e tradurre in pratica una visione dell’islam positiva, dialogante e rispettosa delle posizioni religiose diverse. Il fatto poi che i movimenti islamici radicali non colpiscano solo i cristiani, ma anche molti musulmani aliena a questi gruppi le simpatie popolari. Com’è successo in Algeria quando il Gia (Gruppo armato islamico) ha iniziato ad ammazzare i contadini nelle campagne. In questo modo, la protesta, nata dalla confisca della vittoria elettorale del 1992, ha perso il sostegno della popolazione. Ma ciò è successo anche in Egitto quando le organizzazioni estremiste hanno iniziato ad ammazzare la gente per la strada.

Quali strategie di contenimento di questo fenomeno possono essere messe in campo?
L’establishment ufficiale dell’islam sunnita è contrario a queste manifestazioni e mantiene una posizione dialogante. La forza oggettiva dell’islam istituzionale può rappresentare una sorta di barriera a questo virus estremista che serpeggia soprattutto tra le fasce diseredate della popolazione (come in Nigeria) o in una situazione di disgregazione sociale e politica (come in Somalia).
e.c.

© FCSF – Popoli
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