Le dimissioni del presidente ad interim Michel Djotodia, avvenute venerdì 10 gennaio, hanno segnato una nuova, difficile tappa nella crisi politica della Repubblica centrafricana (Rca). Il Capo dello Stato ha lasciato l’incarico sotto le pressioni della comunità internazionale, aprendo così una delicata fase di transizione. Saranno i membri del Consiglio nazionale di transizione (Cnt) a dover eleggere il nuovo presidente. Nel frattempo ha assunto la carica di capo dello Stato Alexandre-Ferdinand Nguendet, il presidente dello stesso Cnt.
La situazione sul terreno rimane gravissima. Continuano gli scontri tra i ribelli Seleka, che avevano destituito l’ex presidente François Bozizé e che sono in maggioranza musulmani, e le milizie di autodifesa anti-balaka. L’Unione europea ha accettato di inviare una forza di interposizione di 600 uomini (nessun italiano) che si dovrebbe affiancare a quella francese e a quella africana (Misca, Missione internazionale di sostegno al Centrafrica). In questa crisi, a soffrirne maggiormente è la popolazione cvile.
Popoli.info ne ha parlato con Jaime Moreno, gesuita, direttore del Jesuit refugee service a Bangui, la capitale della Rca.
Quanti sfollati si stima ci siano nella Rca?Nella Rca ci sono 935mila sfollati su una popolazione che conta complessivamente circa 4,5 milioni di persone. Solo a Bangui ci sono 512mila sfollati su 600mila residenti.
Chi sono gli sfollati? Dove trovano rifugio?A Bangui, sono tutti civili che cercano di fuggire dai loro quartieri, perché in qualsiasi momento possono trovare la morte per mano sia delle milizie Seleka sia delle formazioni di autodifesa anti-balaka. La stragrande maggioranza degli sfollati non è musulmana. Si rifugiano dove si sentono più sicuri. Circa centomila persone si trovano nei dintorni dell’aeroporto di Bangui che è difeso dai militari dell’esercito francese. Il resto si trova in strutture della Chiesa cattolica: parrocchie, scuole, ecc. Abbiamo identificato 71 luoghi in cui la gente cerca rifugio. I musulmani di origine ciadiana, camerunense, sudanese e senegalese sono tornati nei loro Paesi di origine. Gli altri si rifugiano presso famiglie che li ospitano.
Fuori da Bangui, a Bossangoa, la popolazione ha trovato ospitalità nei terreni della diocesi e i musulmani in un centro allestito per loro. Nel resto del Paese la gente fugge nella
brousse. Non hanno altra alternativa al saccheggio e alla distruzione delle loro case.
In quali condizioni vivono?Le condizioni sono deplorevoli. Senza igiene, senza soldi, stipati in luoghi angusti. I ladri ne approfittano, violando le case abbandonate e rubando quel poco che è stato lasciato.
Che cosa stanno facendo per gli sfollati le Ong e le organizzioni internazionali?Vengono serviti pasti (Programma alimentare mondiale), distribuiti teli di plastica in modo che possano costruirsi capanne di fortuna per proteggersi dalle intemperie e allestite le latrine. L’istruzione e la protezione dei più piccoli sono fornite dall’Unicef. Le diverse Ong mediche hanno allestito infermerie da campo in diversi luoghi per curare i malati, vaccinare i bambini, ecc.
In quali attività è impegnato il Jrs?Il Jrs ha dovuto chiudere tutti i progetti all’interno del Paese a causa della guerra. Tutte le sue strutture sono state saccheggiate. A luglio e agosto, il Jrs ha preso in carico 11mila bambini nei quartieri più poveri di Bangui, per aiutarli a tornare a scuola e nutrirli. Paghiamo inoltre gli insegnanti che non ricevono lo stipendio da tre mesi. Così abbiamo evitato che i piccoli interrompessero gli studi.
A ottobre, il Jrs ha aiutato l’arcivescovo e l’imam di Bangui nella distribuzione delle poche scorte di cibo rimaste agli sfollati. Abbiamo anche lavorato per diffondere la cultura della pace ed evitare così che questo conflitto si trasformasse in una guerra di religione.
A causa dell’instabilità e dell’insicurezza diffuse nel Paese, il Jrs aveva deciso di concentrare i suoi progetti a Bangui, dove progettava di formare 400 insegnanti delle scuole pubbliche per aiutare i bambini più vulnerabili. C’era anche l’idea di creare squadre di calcio per aiutare i bambini a socializzare e allestire centri che fornissero supporto psicosociale. Al momento tutto è sospeso.
Con il sostegno dell’Unicef, il Jrs lavorerà nel monastero delle Beatitudini e nell’aeroporto, offrendo assistenza nella formazione di emergenza, creando spazi dove i bambini possano continuare gli studi. A insegnare, saranno gli stessi docenti delle scuole pubbliche, anch’essi sfollati in quei luoghi. Martedì 14 inizierà la formazione per 33 insegnanti che si occuperanno dei bambini dai 3 ai 5 anni.
L’idea è che, se la città torna sicura, questi bambini possano tornare alle loro scuole. Ma non so quando sarà ciò si realizzerà.
Ci sono rifugiati nei Paesi confinanti?Da alcuni anni rifugiati centrafricani si trovano in Repubblica Democratica del Congo (50mila), Camerun (cinquemila) e Ciad (10mila). Vivono nei campi allestiti dall’Acnur. A causa della recente crisi del 24 marzo, con la caduta del presidente François Bozizé, il numero di rifugiati è aumentato considerevolmente in queste strutture. In generale le condizioni di vita in questi campi sono buone e vengono fornite l’educazione ai più piccoli e l’assistenza sanitaria.
Enrico Casale