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Poligami d'Italia
2 gennaio 2013
«Lo rifarei? No, non credo. Forse la poligamia ha un senso in una società rurale, come quella africana, dove all’aspetto affettivo si aggiunge quello economico: più mogli e più figli sono anche braccia utili alla coltivazione nei campi. Nella società postmoderna italiana avere due o più mogli non ha alcun senso». Edoardo M., italiano, una vita avventurosa trascorsa in Africa e oggi di nuovo residente in Italia, è un bigamo pentito. Pentito non tanto degli affetti che ha costruito con le sue due mogli africane, ma di una struttura familiare complessa, proveniente da mondi estranei alla nostra cultura.

FENOMENO SFUGGENTE
Se fino a una trentina di anni fa la poligamia era un fenomeno ridotto a qualche caso isolato, oggi, con la crescita della presenza di immigrati nel nostro Paese, sta assumendo una certa rilevanza. E casi come quello di Edoardo non sono più unici, frutto di vicende personali particolari, ma una presenza effettiva, anche se spesso nascosta. Il codice penale italiano infatti punisce chi si sposa più volte. È per questo motivo che chi contrae matrimoni multipli all’estero non ne fa menzione quando arriva in Italia. Così come chi nel nostro Paese si sposa due volte, lo fa utilizzando escamotage che sfruttano i varchi lasciati aperti dalla legge (cfr p. 33). Per questo motivo non esistono statistiche ufficiali sulle famiglie poligamiche in Italia, ma solo stime. «Il Centro Averroè - spiega Souad Sbai, origini marocchine, giornalista, deputata del Pdl al Parlamento italiano - ha calcolato che nel nostro Paese sono presenti almeno 14.500 famiglie poligamiche stabili. A queste bisogna aggiungere i matrimoni a tempo (orfi). È un istituto previsto dalla legge islamica: un’unione suggellata da un patto segreto tra marito e moglie, alla presenza del notaio e di due testimoni. I mariti arabi sposati in Italia tornano al loro Paese di origine per contrarre matrimoni a tempo con donne locali. La seconda moglie spesso non sa che il marito è già sposato. Non solo, ma non ha alcun diritto perché il marito può strappare in qualsiasi momento il certificato di matrimonio. Oltre alla negazione, di fatto, dei diritti della donna, anche gli eventuali figli non godono di alcuna garanzia».
Ma c’è chi contesta queste statistiche. «Le cifre che circolano sui giornali e in internet non sono fondate - afferma Stefano Allievi, professore di Sociologia all’Università di Padova -. Se davvero le famiglie poligamiche fossero 14.500 ciò significherebbe che in Italia il 15% delle coppie con entrambi i coniugi stranieri e il 6% di quelle con almeno un coniuge straniero sono poligame. E questo non è possibile. Anzitutto perché vorrebbe dire che in Italia, in proporzione, ci sono più famiglie poligamiche che in Marocco o in Algeria, Paesi di tradizione musulmana nei quali la percentuale si ferma però al 3%. In secondo luogo, perché solo alcune comunità straniere praticano la poligamia e non sono le comunità più numerose in Italia. La poligamia riguarda un numero limitato di coppie all’interno delle quali la presenza di più mogli non crea alcun problema perché è normale nella cultura di appartenenza o perché accettata dalle donne italiane che sposano uno straniero».

AFFETTI E RISORSE
«Con le mie due mogli non ho mai avuto problemi - osserva Edoardo -. Sono entrambe africane ed entrambe provengono da famiglie di cultura animista. La prima è sudafricana e l’ho sposata nel 1976 a Dakar (Senegal) con un rito civile. Abbiamo cercato di avere figli, ma invano. Proprio lei mi ha invitato a prendere una seconda moglie per diventare padre. Così mi sono sposato la seconda volta nel 1981 con una donna senegalese dalla quale ho avuto tre figli». Edoardo vive in Africa per 26 anni. A metà degli anni Novanta torna in Italia e la poligamia diventa un problema. Le mogli chiedono di avere due abitazioni separate. Lui si indebita per acquistare una cascina formata da due edifici divisi da un cortile. «Ai problemi logistici - ricorda - si sono aggiunti quelli burocratici. La prima moglie ha ottenuto la cittadinanza in quanto mia consorte ufficiale. Lo stesso è capitato ai miei figli. La seconda moglie invece è dovuta entrare in Italia con un visto turistico e poi, per anni, ha dovuto rinnovare il permesso di soggiorno».
Edoardo dà una lettura critica della poligamia: «Un uomo che ha due mogli deve sottostare a regole precise. L’uomo deve dividersi equamente tra le diverse mogli. Non è solo una questione di “ripartizione di affetti”, ma anche di “ripartizione di risorse”. Il marito deve garantire alle mogli lo stesso tenore di vita. In breve, la vita per un marito diventa impossibile perché gestire due mogli non è semplice anche se le mogli, come le mie, vanno d’accordo. Figuriamoci quando litigano».
A quella di Edoardo si affiancano esperienze caratterizzate da violenze psicologiche e fisiche sulle donne. «Nelle famiglie poligamiche - sottolinea Sbai - la maggior parte delle donne subisce abusi. I mariti picchiano le mogli che non vogliono accettare la nuova sposa o, dopo qualche anno, abbandonano la seconda moglie e la donna si ritrova senza alimenti né garanzie perché non può chiedere il divorzio, dato che il suo matrimonio non ha effetti civili».

FORZATE ALLA BIGAMIA
Alcuni mariti sposano una seconda donna all’insaputa della prima. È il caso di Luisa B., italiana. Nel corso di una vacanza in Egitto ha conosciuto un uomo egiziano e si è innamorata di lui. Dopo due anni di fidanzamento a distanza, i due decidono di sposarsi civilmente presso l’ambasciata italiana al Cairo, poi nella sede del ministero degli Esteri egiziano. Un atto quindi legale in Italia e in Egitto. «Il matrimonio - ricorda - è durato cinque anni. I primi tre sono andati abbastan­za bene. Gli ultimi due sono stati un inferno. Ho notato che lui, una volta in Italia, ha subito una sorta di “regressione”. Inizialmente frequentava la Grande moschea di Roma. Poi ha iniziato a recarsi in altri centri di preghiera in periferia. Qui ha fatto gruppo con alcuni connazionali estremisti. Ogni volta che tornava a casa era sempre più sprezzante nei miei confronti. Diceva: “Se non ti converti all’islam, Allah mi manderà all’inferno”».
In Italia, il marito ottiene un permesso di soggiorno per ricongiungimento famigliare e poi fa domanda per ottenere la cittadinanza italiana. Dopo cinque anni, torna in Egitto. Arrivato nel suo Paese sposa una ragazza egiziana che rimane incinta. Decide così di portarla in Italia. Poco tempo prima che il permesso di soggiorno scada, si rivolge a Luisa chiedendole aiuto per concludere la pratica per la cittadinanza. «Siccome ero ancora innamorata e ignara del fatto che si fosse sposato, ho deciso di dargli una mano - ricorda -. Sono andata all’Ufficio cittadinanza dove gli è stata rilasciata la Carta di soggiorno. Dopo un po’ di giorni mi ha detto dell’altra moglie e della figlia. Nell’annunciarmelo mi ha insultato e mi ha picchiato, dicendomi che, in quanto musulmano, voleva sposarsi quattro volte». Di fronte a questa situazione, Luisa denuncia l’uomo per bigamia. A dicembre è iniziato un processo per revocare la cittadinanza all’ex marito perché, in quanto bigamo, avrebbe violato i valori della nostra Carta costituzionale.

IN FUGA DAL MARITO
Anche la storia di Najet è esemplare. Lei, marocchina, sposa un egiziano e con lui ha quattro figli. Ma al marito non basta una sola moglie così torna in Egitto e si risposa. A malincuore, lei accetta il nuovo matrimonio. Quando però il consorte fa venire in Italia la seconda moglie, Najet non vuole convivere con un’altra donna e denuncia il marito. Lui scappa in Egitto insieme alla seconda moglie, ai due figli di questa e ai due figli più piccoli di Najet. Nonostante le denunce (per bigamia e violenze), gli esposti alla magistratura, gli appelli all’ambasciata egiziana, Najet non riesce a farsi affidare i figli. Dopo sei anni di sofferenze, organizza un colpo di mano. Va in Egitto li prende davanti alla scuola e fugge in Libia da dove poi si trasferisce in Marocco.
«Ho raccolto le testimonianze di donne costrette a vivere con le altre mogli, il marito e i figli in 45 mq - racconta Sbai -. E le mogli dormivano una sera in salotto e l’altra nella stanza da letto insieme al marito. Per molte donne sentire il marito a letto con l’altra moglie è causa di gravi sofferenze psicologiche. Perché non denunciano alla polizia o alla magistratura questa situazione? Queste donne hanno un livello basso di istruzione e non parlano italiano. Non conoscono i loro diritti e credono che quella condizione sia un qualcosa di ineluttabile». Spesso poi vengono picchiate. «Ciò che più colpisce è l’assenza delle istituzioni - conclude Souad Sbai -. In Parlamento non esistono progetti di legge per limitare il fenomeno. Ho presentato numerose interpellanze per chiedere un intervento governativo, ma non ho ricevuto risposte».
Ma lavorare sul fronte legislativo è sufficiente? «La poligamia è inaccettabile e la legge giustamente la punisce - spiega Khaled Chaouki, responsabile “Nuovi italiani” del Pd -. Però, più che sotto il profilo legislativo, credo si debba intervenire sul fronte culturale e sociale. È indispensabile un lavoro di sensibilizzazione sui temi dei diritti della donna e della parità dei sessi. Un lavoro che va fatto insieme alla società civile e alle comunità islamiche. Qualche risultato è già stato raggiunto. Per esempio, alcune associazioni e comunità islamiche (a partire dalla Grande moschea di Roma), prima di celebrare un matrimonio religioso, chiedono alla coppia di sposarsi civilmente. In questo modo prevengono la poligamia e, allo stesso tempo, non giustificano dal punto di vista religioso una pratica che è illegale».    
Enrico Casale
© FCSF – Popoli