In Vaticano, si apre domani, 7 ottobre (e durerà fino al 28), il
Sinodo dei vescovi dedicato alla nuova evangelizzazione. Un appuntamento
cruciale che - come in altri casi simili - rischia però di coinvolgere
solo gli «addetti ai lavori» e di restare su un piano teorico. Per
questo abbiamo chiesto a due teologi, Mario Imperatori SJ e Giannino Piana di leggere e commentare per noi i
documenti preparatori.
UN APPELLO ALLA CONVERSIONE
di Mario Imperatori SJ *L’elemento più stimolante dei
Lineamenta e del successivo
Instrumentum laboris per il prossimo Sinodo dei vescovi dedicato alla «nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana», mi pare sia la scelta di non impostare il tema in un modo meramente funzionale, dettato, cioè, dalle urgenze e dai bisogni, ma di partire dalla chiara consapevolezza che ne va della qualità stessa del nostro essere Chiesa.
In altre parole, interrogarsi sulla nuova evangelizzazione non significa parlare anzitutto di coloro che sono fuori dalla Chiesa né delle strategie più utili ed efficaci per interessarli fattivamente alla vita cristiana, con una logica più vicina al proselitismo che all’evangelizzazione (cfr
Instrumentum, n. 66).
La sfida della nuova evangelizzazione è invece «la via per interrogarci oggi sulla qualità della nostra fede, sul nostro modo di sentirci e di essere discepoli di Gesù Cristo inviati ad annunciarlo al mondo» (
Lineamenta, n. 2), così che l’esigenza di trasmettere e comunicare la fede «deve divenire una domanda della Chiesa su di sé» (
Instrumentum laboris, n. 39), una Chiesa vissuta «come reale comunità, come vera fraternità, come corpo e non come azienda» (idem).
LA PROSPETTIVA DI FONDOIn questa prospettiva tutto, dall’analisi dei diversi scenari socio-culturali, economici e politici alla riflessione sulle concrete modalità pastorali di evangelizzazione, tutto viene proposto nei due documenti come una sfida che mette alla prova la qualità, la sincerità e la solidità della fede dei cristiani battezzati e delle loro comunità.
Detto con una formula felice, la Chiesa è insieme evangelizzatrice ed evangelizzata (cfr
Instrumentum laboris, nn. 25-27). Essa dunque non solo dà, ma evangelizzando anche riceve, in primo luogo il dono di una dinamica conversione - personale, comunitaria e pastorale - memore dell’antico detto secondo il quale «Ecclesia semper reformanda est».
Questa visione dinamica e relazionale non chiude la Chiesa a riccio su se stessa, ma, proprio a partire dal confronto con le difficoltà del momento, lascia al contrario emergere la sua più profonda identità missionaria, in quanto «l’essere cristiano e la Chiesa sono missionari o non sono [...]. La mancanza di zelo missionario è mancanza di zelo per la fede. Al contrario, la fede si irrobustisce trasmettendola» (
Lineamenta, n. 10).
Al Sinodo l’
Instrumentum laboris domanda perciò di esaminare se e come evangelizzazione, chiamata alla santità e conversione si intreccino dinamicamente tra loro nel vissuto concreto delle comunità cristiane (cfr n. 24), così come «di interrogarsi per scoprire le ragioni profonde dei limiti di diverse istituzioni ecclesiali nel mostrare la credibilità delle proprie azioni e della propria testimonianza, nel prendere la parola e nel farsi ascoltare in quanto portatori del Vangelo di Dio» (n. 32).
In questa prospettiva la nuova evangelizzazione diventa allora «un movimento di conversione che la Chiesa chiede a se stessa, a tutte le sue comunità, a tutti i suoi battezzati» (
Instrumentum, n. 88). Senza questa conversione, essa rischia di risuonare solo come uno slogan retorico, moralistico, una strategia di marketing mediante la quale dare all’attivismo dell’istituzione ecclesiale e clericale un nuovo look che ha peraltro già perso un po’ del suo smalto massmediatico. Essa dunque non deve imporsi «come un dovere, un peso ulteriore da portare, ma come quel farmaco capace di ridare gioia e vita a realtà prigioniere delle proprie paure. Affrontiamo perciò la nuova evangelizzazione con entusiasmo» (
Lineamenta, n. 25).
NUOVE SFIDE E SCAMBIO DEI DONII Lineamenta prendono chiaramente atto che termini quali «Paesi di cristianità» e «terre di missione», «accanto alla loro chiarezza concettuale mostrano ormai i loro limiti. Sono troppo semplici e fanno riferimento a un contesto in via di superamento per poter funzionare da modelli di riferimento per la costruzione delle comunità cristiane di oggi» (n. 9), le quali devono affrontare gli scogli tanto del settarismo quanto della «religione civile», senza però perdere «il volto di Chiesa domestica, popolare» (idem).
Significativo, in questo contesto, il richiamo all’esperienza di Chiese che vivono in situazione di minoranza nascosta e talvolta anche perseguitata, la cui testimonianza di fede, speranza e carità è «un dono da condividere con quelle comunità cristiane che, pur avendo alle spalle passati gloriosi, vivono un presente fatto di fatica e dispersione» (idem).
È sempre più spesso il caso dell’Occidente secolarizzato, dove le Chiese «devono imparare ad abitare e a gestire questa lunga transizione di figura, mantenendo come punto di riferimento il comando di evangelizzare» (idem), pur «con il problema del pratico abbandono della fede da parte di molti» (
Lineamenta, n. 10), che l’
Instrumentum laboris non esita a qualificare come «una vera apostasia silenziosa» (n. 69), chiedendo che il Sinodo ne valuti attentamente tutti i molteplici aspetti.
Ora, se «lo spazio geografico entro cui si sviluppa la nuova evangelizzazione, senza essere esclusivo, riguarda primariamente l’Occidente cristiano» (
Instrumentum, n. 85) e si indirizza perciò a quei battezzati la cui fede e testimonianza è gravemente compromessa così da ridare loro «qualità e motivi alla fede» (idem), ciò non significa confinare il discorso all’Europa occidentale, ma assumere «l’Occidente come luogo esemplare» (idem) di ciò che, in modo diverso, riguarda tutte le comunità ecclesiali, anche quelle di più recente evangelizzazione, se non altro in ragione della globalizzazione.
UN ESEMPIO PER LA CHIESA IN OCCIDENTENel suo aspetto più concreto la nuova evangelizzazione non va affatto declinata in modo generico, ma facendo costante e creativo riferimento all’iniziazione cristiana, che non a caso occupa tutto il terzo capitolo dei Lineamenta. In questa prospettiva l’esperienza delle Chiese più giovani ha grandemente aiutato quelle occidentali «ad assumere come modello del cammino di iniziazione alla fede l’adulto e non più il bambino» (n. 18), e a valorizzare di conseguenza il catecumenato, fino a tentare di attuare un catecumenato post-battesimale. «Dal modo con cui la Chiesa in Occidente saprà gestire questa revisione delle sue pratiche battesimali dipenderà il volto futuro del cristianesimo» (idem) nel nostro continente.
In questo campo, così eminentemente educativo, accanto ad alcune certezze ormai acquisite, la Chiesa «mostra ancora i segni di un lavoro non concluso, di un itinerario non ben disegnato fino in fondo» (
Instrumentum, n. 131), specie per quanto concerne il primo annuncio. Su questa situazione il prossimo Sinodo dei vescovi sarà sicuramente chiamato a riflettere, per stimolare la Chiesa verso una sempre più profonda conversione missionaria.
* Teologo dell’Istituto di Filosofiae Teologia di Scutari (Albania)
(RI)PARTIRE DALL'UOMOdi Giannino Piana *Il tema della XIII assemblea sinodale, «La nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana», segna una tappa importante nel cammino della Chiesa postconciliare. La questione dell’evangelizzazione è già stata fatta oggetto di attenzione da parte di altre assemblee sinodali, ma la peculiarità di questa riproposizione è legata all’aggettivo «nuova», la cui interpretazione merita una particolare considerazione.
Se infatti con il termine «evangelizzazione» ci si riferisce - come rileva l’
Instrumentum laboris - «all’offerta del Vangelo che trasfigura l’uomo, il suo mondo, la sua storia», con l’aggettivo «nuova» si intende soprattutto sottolineare la necessità di una «risposta adeguata ai segni dei tempi, ai bisogni degli uomini e dei popoli di oggi, ai nuovi scenari che mostrano la cultura attraverso la quale esprimiamo la nostra identità e cerchiamo il senso della nostra esistenza» (
Instrumentum. n. 164).
Questa definizione rende immediatamente evidente la necessità di un’attenta analisi dei mutamenti intervenuti nel contesto sociale e culturale odierno. Ad essa è giustamente dedicata una parte consistente dell’
Instrumentum laboris - l’intero secondo capitolo -, con la preoccupazione di mettere in luce l’incidenza determinante di tali mutamenti sul terreno dei valori, soprattutto a causa dell’indebolimento delle tradizioni del passato e della caduta di alcuni fondamenti del vivere comune.
LE RAGIONI DELLA CRISILa ricerca delle ragioni di questa situazione si estende su diversi fronti - a questo si riferiscono i vari scenari delineati - e coinvolge una serie variegata di fenomeni, che vanno dall’avanzare della secolarizzazione che provoca il diffondersi dell’indifferenza religiosa, all’affermarsi di una mentalità consumista ed edonista che ripiega l’uomo sulla soddisfazione esclusiva dei bisogni materiali, fino al farsi strada di una cultura dell’apparenza e dell’effimero, favorita soprattutto dalla rivoluzione mediatica e digitale, che, vanificando la domanda di senso, finisce per compromettere alla radice la ricerca religiosa.
Non manca la rilevazione (sia pure concisa) di elementi positivi, quali l’emergere di nuovi legami sociali e di una cultura universalistica, nonché la presenza di nuove forze di rinnovamento (gruppi, movimenti, associazioni, ecc.).
Il quadro tracciato non risparmia la Chiesa. La denuncia della debolezza della vita di fede di molte comunità cristiane e del disimpegno per la trasmissione della fede si intreccia con il riconoscimento di un’eccessiva burocratizzazione degli apparati, che impedisce il dialogo con l’uomo comune, e con l’ammissione della controtestimonianza di alcuni suoi membri (lo scandalo della pedofilia è qui chiaramente adombrato), che provoca l’allontanamento di molti fedeli.
Ma, al di là di questi giustificati rilievi, l’allarme ripetuto per la diminuzione della pratica religiosa e per la privatizzazione dell’appartenenza ecclesiale anche da parte di coloro che si riconoscono ancora membri della Chiesa avrebbe (forse) dovuto far sorgere qualche interrogativo sulla gestione ordinaria dell’attività pastorale e sulla mancata soluzione di questioni scottanti (e sempre più attuali) riguardanti l’etica sessuale e familiare - dalla pastorale dei divorziati e degli omosessuali alla questione dell’uso degli anticoncezionali (per citare le più rilevanti) - che sono alla base di quello «scisma sommerso» (così lo definì, già nel 1999, il filosofo Pietro Prini) che è confermato dalle varie inchieste religiose degli ultimi decenni.
UNA PROPOSTA GLOBALEQuale proposta evangelizzatrice, dunque? Due sono le affermazioni fondamentali dell’Instrumentum laboris che ne definiscono, in termini precisi, il senso e le prospettive. La prima è la sottolineatura che l’annuncio cristiano «non è questione organizzativa o strategica, ma è anzitutto una questione spirituale», la quale chiama in causa la Chiesa tutta «nel suo essere e nel suo vivere» (n. 39). La considerazione che la buona notizia della salvezza non è legata all’acquisizione di una dottrina, ma all’incontro con una persona, la persona di Gesù, esige la creazione di un contesto esperienziale, che consenta un coinvolgimento immediato e vitale.
La seconda affermazione è l’ammissione che l’evangelizzazione riguarda anzitutto la Chiesa al suo interno, che essa deve cioè preoccuparsi anzitutto di evangelizzare se stessa, convertendosi permanentemente al Vangelo per trasmetterlo in modo credibile al mondo in cui è immersa. Il rinnovamento dell’immagine della Chiesa nel modo di vivere la propria esperienza di fede e il proprio mandato missionario, è condizione necessaria perché essa possa diventare nello stesso tempo testimone e annunciatrice dei misteri divini (cfr nn. 25-27).
Il documento preparatorio segnala con cura una serie di cambiamenti richiesti da tale conversione: dalla revisione del modo di essere tra la gente, assumendo il volto di «Chiesa domestica, popolare» che sta accanto alla vita quotidiana delle persone, alla creazione di comunità adulte, trasformate dall’accostamento alla Parola di Dio e animate dalla carità, che si rende trasparente, oltre che nel superamento delle divisioni interne, nella sobrietà dello stile di vita e nella solidarietà verso i poveri.
Ma soprattutto non esita a indicare come criterio metodologico - è questo uno degli aspetti più innovativi - l’esigenza di partire dall’umano, ricordando che «non si può evangelizzare senza educare l’uomo ad essere veramente se stesso» (n. 147) e rilevando come i primi interlocutori dell’annuncio devono essere coloro che, pur vivendo l’esperienza della secolarizzazione, non cessano di interrogarsi su ciò che è umanamente serio e vero.
Da questa considerazione discende l’importanza assegnata al rapporto tra fede e ragione e soprattutto tra pensiero e testimonianza. La possibilità di riportare la domanda di Dio dentro il mondo attuale, restituendo motivi adeguati alla fede e rendendone trasparente la capacità di rispondere ai problemi esistenziali odierni, è infatti connessa tanto alla ricerca di nuove ragioni quanto alla testimonianza di un modo nuovo di vivere, «uno stile integrale, che abbraccia il pensiero e l’azione, i comportamenti personali e la testimonianza pubblica, la vita interna delle comunità e il loro slancio missionario» (n. 120).
Questa visione globale dell’azione evangelizzatrice, che coinvolge l’uomo nella totalità del suo essere - significativo è nel documento l’accenno alla dimensione dell’arte e della bellezza (cfr n. 157) -, non implica tuttavia solo l’adozione di una rinnovata pedagogia di trasmissione della fede, che ha come momenti essenziali l’iniziazione cristiana e l’educazione; esige, più radicalmente, uno sforzo di inculturazione del messaggio - su questo aspetto poco è detto nell’Instrumentum - che sappia coniugare la fedeltà al Vangelo con la capacità di raggiungere gli uomini di oggi suscitando un autentico cambiamento di vita.
La ricchezza delle problematiche sollevate fornisce un importante contributo per l’avvio dei lavori sinodali. Il rischio è tuttavia che proprio tale ricchezza renda difficile la definizione degli obiettivi prioritari e alimenti la tentazione della caduta nella genericità. Sta ai Padri sinodali operare una scelta oculata di tali obiettivi per offrire un prezioso servizio all’azione evangelizzatrice della Chiesa.
* Docente di Etica ed economia all’Università di Torino