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Somalia, stop all'embargo delle armi. Fra molti dubbi
7 marzo 2013
Il Consiglio di Sicurezza dell’Onu ha deciso il 6 marzo di sospendere per un anno l’embargo sulle armi in vigore in Somalia dal 1992. La decisione consentirà al governo di Mogadiscio (che gode del sostegno della comunità internazionale) di ricostruire proprie forze armate e di armarle, con l’obiettivo di combattere le milizie fondamentaliste al Shabaab. La risoluzione, adottata all’unanimità dai 15 membri del Consiglio, lascia però in vigore l’embargo sui missili terra-aria, pistole a grosso calibro, obici, cannoni, mortai, mine missili anticarro ed equipaggiamenti per la visione notturna. «L’obiettivo di questa risoluzione - spiega Gianandrea Gaiani, direttore di Analisi Difesa -, fortemente perseguito dagli Stati Uniti, è certamente quello di riarmare il governo di Mogadiscio. L’embargo infatti finiva per limitare solo l’esercito regolare, non certo le milizie al Shabaab».

I fondamentalisti hanno infatti i loro canali di approvvigionamento dai quali riescono a far arrivare armi e munizioni in gran quantità. Si parlava di forniture dall’Eritrea, di sostegno finanziario da parte delle monarchie del Golfo (in particolare il Qatar), di contrabbando dallo Yemen (Paese nel quale è facile reperire armi in gran quantità, soprattutto quelle leggere). «In realtà - continua Gaiani -, per finanziare questo traffico non c’è bisogno del sostegno ufficiale degli Stati. Gran parte del commercio di armi nell’area è infatti sostenuto finanziariamente dalle fondazioni o dalle Ong arabe che appoggiano la “guerra santa” islamica». Gli shabaab non possiedono armi pesanti, ma solo quelle che possono trasportare a mano, su camion o su jeep: armi leggere, ma anche mortai da 81 o 82 mm e cannoni senza rinculo. Sospeso l’embargo, le forze armate di Mogadiscio sigleranno nuovi contratti. Probabilmente faranno acquisti in Russia o negli altri Paesi dell’ex blocco sovietico. Attualmente infatti quelle provenienti dai Paesi dell’Est europeo sono le armi più diffuse e conosciute in Somalia. «Forse - osserva Gaiani - si replicherà il modello Mali. Lì le armi sono di provenienza russa, ma gli istruttori sono europei. Già ora soldati somali sono addestrati in Uganda da militari europei (tra i quali alcuni istruttori italiani)».

Le associazioni per la difesa dei diritti umani avevano rivolto un appello affinché la comunità internazionale mantenesse in vigore l’embargo, definendo «prematura» una sua interruzione e obiettando che, nonostante un relativo miglioramento della situazione a Mogadiscio, nel resto del Paese i civili sono tuttora oggetto di abusi perpetrati con l’ausilio di armi. Secondo Amnesty International, inoltre, l’afflusso di nuove armi nel Paese rischia di esporre a nuovi rischi e perfino di peggiorare la situazione umanitaria. «La cosa sorprendente - commenta Maurizio Simoncelli, di Archivio Disarmo - è che la risoluzione che sospende il divieto di commercio di armi verso la Somalia è essa stessa sotto embargo. Non è cioè possibile conoscerne i contenuti. E noi ci chiediamo il perché: c’è forse qualcosa da nascondere? Formalmente la risoluzione è stata approvata all’unanimità, anche se è trapelato che Guatemala e Argentina hanno espresso molte riserve».

Questa risoluzione, secondo le organizzazioni umanitarie, metterà in circolazione nuove armi in un Paese nel quale ne esistono già tante in circolazione. «A chi andranno queste armi? - si chiede Simoncelli - Verranno consegnate a forze armate che assomigliano più a milizie che non a eserciti moderni. Il rischio è che questi miliziani vendano le armi nuove alimentando un mercato già florido. Paradossalmente le armi leggere sono più difficili da controllare di quelle pesanti. È più semplice rivendere dieci fucili che non un carrarmato. Anche perché un carrarmato non è semplice da utilizzare, richiede infatti competenze tecniche che non tutti possiedono. L’unico elemento che ci offre qualche motivo di speranza è che la sospensione dell’embargo durerà solo un anno. Se con le nuove armi la violenza dovesse aumentare, fra 12 mesi l’embargo potrebbe essere ripristinato».
Enrico Casale
© FCSF – Popoli